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NutriScore e Nutriform, il professor Serge Hercberg fa chiarezza

NutriScore è l’unico sistema di etichettatura nutrizionale sul fronte della confezione supportato da ampia evidenza scientifica, chiarisce il professor Serge Hercberg in un dibattito italico sui sistemi di FOPNL (Front-of-Pack Nutrition Labelling) ove egli è stato invitato a contribuire, salvo poi venire censurato per lasciare solo spazio ai sostenitori del Nutri(dis)inform.

A seguire, pubblichiamo le risposte fornite dal professor Serge Hercberg – professore emerito di Nutrizione all’Università Sorbona Paris-Nord – alle domande proposte dalla giornalista Chiara Dalla Tomasina, in occasione di un evento (‘L’evoluzione dell’agroalimentare italiano ed europeo tra sostenibilità e benessere’) organizzato da Withub a Roma il 9 marzo 2023.

I consumatori italiani – ancora una volta privati del diritto a un’informazione corretta e completa, in un settore alimentare ove i media sono al guinzaglio di Coldiretti e dei grandi inserzionisti (es. Ferrero), come chi scrive ha più volte denunciato – intanto si affidano alla app Yuka, basata proprio su NutriScore, per conoscere i profili nutrizionali degli alimenti.

1) Cosa ne pensa della batteria Nutrinform, la proposta italiana alternativa al NutriScore? E quali sono, secondo lei, le criticità?

a) Nutrinform è un logo molto complesso da capire e interpretare

Nutrinform fornisce informazioni numeriche monocromatiche per ogni nutriente. In linea di principio e nella sua rappresentazione grafica, Nutriform è molto vicino al sistema “GDA/Reference Intake” messo a punto dai produttori negli anni 2000 (vedi figura sotto). Inoltre, il governo italiano, nel decreto notificato alla Commissione europea, fa riferimento a questa derivazione, affermando che l’assunzione di riferimento (Reference Intakes, RI) è stata utilizzata come base scientifica per Nutrinform.

NutrInform

Tuttavia, tutti gli studi scientifici indipendenti dimostrano che le GDA/RI sono difficili da comprendere e interpretare per i consumatori e non consentono di confrontare gli alimenti al momento dell’acquisto. Non hanno un impatto positivo sul comportamento d’acquisto dei consumatori. Il sistema di batterie Nutrinform è molto simile alle GDA/RI che, a causa della loro complessità, sono state rifiutate dalla stragrande maggioranza delle associazioni di consumatori in Europa e dalle strutture sanitarie pubbliche che, da molti anni, sostengono il principio di un logo colorato, graduale e sintetico, che si è dimostrato scientificamente più efficace.

Così come il logo GDA/RI proposto dai produttori qualche anno fa, anche Nutrinform (che si ispira alle GDA/RI) è particolarmente complesso da interpretare perché presenta una quantità di informazioni molto elevata (ben 15 figure) che è difficile da sintetizzare per il consumatore al momento dell’acquisto, per il quale le decisioni vengono prese in pochi secondi o decine di secondi. Il sistema è ancora più complesso e di difficile comprensione perché le numerose informazioni presentate utilizzano riferimenti diversi: le quantità di nutrienti indicate in termini relativi sono calcolate per una porzione, mentre le percentuali presentate sono riferite all’assunzione di riferimento per un adulto medio (2000 Kcal/d) e l’apporto calorico è espresso per 100 g di alimento.

b) Le batterie di Nutrinform sono controintuitive per i consumatori

Particolarmente controintuitivo appare il simbolo della batteria, che rappresenta il contenuto di nutrienti dell’alimento attraverso l’icona tradizionalmente utilizzata per monitorare la carica di un telefono o di un elettrodomestico, ma che curiosamente in Nutrinform va interpretata in senso opposto (più la batteria è “scarica”, migliore è la qualità nutrizionale dell’alimento!). Questo aspetto è stato evidenziato da molti scienziati e associazioni di consumatori, in particolare in Italia (Altroconsumo) e a livello europeo dal BEUC (che raggruppa 46 associazioni di consumatori europee).

Inoltre, le percentuali possono essere interpretate come un obiettivo da raggiungere a fine giornata, sommando tutti gli alimenti consumati. In realtà, da un punto di vista scientifico, per quei nutrienti che devono essere limitati nella dieta, il Nutrinform indica un massimo da non superare. Le informazioni fornite sono quindi effettivamente fuorvianti per il consumatore.

Infine, a parte la sua forma controintuitiva, la batteria utilizzata in Nutrinform per informare sul contributo della porzione all’apporto totale giornaliero di zuccheri si basa sulla legislazione europea e considera 70 grammi come apporto giornaliero di riferimento. Un valore significativamente più alto del limite di 50 grammi raccomandato dall’OMS come riferimento, che può trarre in inganno il consumatore in termini di valutazione del contenuto di zuccheri degli alimenti, sottostimando il contributo effettivo dell’alimento al raggiungimento della quantità massima di zuccheri che non deve essere superata.

c) Nutrinform si basa sulle porzioni (come richiesto da molti industriali): un riferimento discutibile per alimenti specifici

Un’altra importante lacuna delle batterie italiane è che sono calcolate su base porzionale e non su un riferimento universale di 100 g per gli alimenti (o 100 ml per i liquidi). Eppure, questa è una raccomandazione dell’OMS e delle strutture sanitarie pubbliche per poter confrontare gli alimenti in modo oggettivo sulla stessa base ed evitare di utilizzare porzioni difficilmente standardizzabili con reali basi scientifiche per specifici alimenti. Infatti, le dimensioni standard delle porzioni che dovrebbero essere “raccomandate in termini di riferimento” differiscono a seconda del fabbisogno energetico individuale.

I fabbisogni energetici variano in base all’età (sono diversi per bambini, adolescenti, adulti, anziani, ecc.), al sesso (uomini/donne), all’attività fisica/sedentarietà, alla gravidanza, ecc. È quindi scientificamente discutibile e fuorviante fare riferimento a un’unica porzione di riferimento uguale per tutti per calcolare il contributo alla copertura delle assunzioni nutrizionali raccomandate, che a loro volta variano a seconda degli individui. Nutrinform utilizza un unico riferimento per calcolare la copertura dei fabbisogni individuali: quelli di un adulto medio che consuma 2000 Kcal/d (che non corrisponde alla realtà dei consumi di donne, bambini, adolescenti, soggetti anziani, ecc.).

Se questo è l’unico riferimento proposto dal regolamento INCO, l’uso di un riferimento calcolato per gli adulti può essere particolarmente fuorviante per i prodotti destinati ai bambini, come i dolci o la pasticceria, per i quali i riferimenti nutrizionali sono molto più bassi. Questo potrebbe portare a un’assunzione eccessiva di nutrienti che dovrebbero essere limitati, come lo zucchero o i grassi saturi.

Inoltre, le singole porzioni stabilite da Nutrinform sono fissate per grandi gruppi di alimenti (che possono includere una grande variabilità di alimenti all’interno del gruppo) e corrispondono a porzioni “standard di riferimento” che sono diverse e spesso lontane da quelle proposte dai produttori sulle confezioni (che variano anche a seconda delle marche) e ancora di più da quelle effettivamente assunte dai consumatori. Esiste il rischio di discordanza tra la porzione raccomandata dal produttore e quella utilizzata per calcolare il Nutrinform.

Infine, anche se fosse possibile fornire informazioni nutrizionali per porzione, è comunque molto difficile per il consumatore valutare a cosa corrisponde in pratica, a meno che non abbia una bilancia e pesi gli alimenti.

Il riferimento alle porzioni (richiesto da molti produttori) è quindi discutibile e può essere fuorviante per i consumatori. Inoltre, uno studio (1) ha dimostrato che, a differenza del NutriScore (che si riferisce a 100 g di alimento), l’uso di un logo per ogni nutriente che fa riferimento alle porzioni, l’Evolved Nutrition Label, ENL, proposta nel 2016 da un gruppo di 6 industriali (Coca-Cola, PepsiCo, Mars, Mondelez, Nestlé e Unilever) non ha portato a una riduzione delle porzioni dei prodotti di bassa qualità nutrizionale e, anzi, tendeva ad aumentare le dimensioni delle porzioni per le creme spalmabili perché rassicurava falsamente i consumatori.

Per evitare tutti questi problemi, l’uso di una quantità standard, come 100g (o 100 ml) è una scelta adeguata, un denominatore comune che permette un valido confronto tra gli alimenti senza indurre errori di stima: confrontare 100 ml di olio d’oliva con 100 ml di un altro olio; 100 g di cereali per la prima colazione con 100 g di altri cereali; 100 g di una pizza con 100 g di un’altra pizza; 100 g di Comté con 100 g di Camembert o Roquefort o Mozzarella.

Spesso si sente dire che i consumatori non consumano 100 g di formaggio o di burro o 100 ml di olio d’oliva nello stesso momento. Certo, ma i consumatori non assumono nemmeno una “porzione standard”, poiché la porzione effettivamente consumata dipende da fattori individuali, come già detto. Pertanto, l’uso di una porzione standard, se è vicina ai modelli di consumo degli individui, è in realtà fuorviante, in quanto può essere interpretata erroneamente come la quantità effettivamente assunta dal consumatore, che non può ragionevolmente percepire queste sottigliezze.

Anche in questo caso, il logo nutrizionale non può essere visto come una precisa raccomandazione nutrizionale sulle modalità di consumo dell’alimento (ammesso che questo possa essere standardizzato), ma come un semplice mezzo per fornire informazioni universalmente comprensibili sulla composizione nutrizionale complessiva degli alimenti e per consentire un rapido confronto delle differenze di composizione nutrizionale tra alimenti destinati allo stesso scopo o consumati nelle stesse condizioni. L’uso di una quantità standard (100g/100 ml) è il più appropriato. Come la presentazione del prezzo al chilogrammo, che è ampiamente utilizzata per informare il consumatore e confrontare il prezzo dei prodotti ed è ben accettata da tutti (anche se, anche in questo caso, non consumiamo 1 kg di burro, formaggio, crema spalmabile o 1 litro di olio).

d) Nutrinform non si basa su studi scientifici che ne dimostrino la corretta comprensione, l’uso e l’impatto sulla qualità nutrizionale degli acquisti dei consumatori (a differenza di NutriScore)

Un logo nutrizionale utile deve avere una solida base scientifica nella sua costruzione e nella dimostrazione della sua efficacia. Per giudicare la qualità e il valore potenziale di una tabella nutrizionale, è necessario essere in grado di valutare sia l’adeguatezza dell’algoritmo alla base del suo calcolo sia le prestazioni del suo formato grafico. L’OMS ha pubblicato uno schema concettuale e un processo dettagliato (2) che descrive le diverse fasi necessarie per valutare un logo nutrizionale. Non tutte le fasi hanno lo stesso significato in termini di dimostrazione della rilevanza e dell’efficacia di un logo nutrizionale. Ad esempio, il formato grafico di un logo nutrizionale può essere ben percepito e apprezzato dai consumatori, ma ciò non significa che sia ben compreso e ben utilizzato per fare scelte nutrizionali favorevoli. È quindi importante giudicare l’efficacia di un logo nutrizionale non solo in base alla percezione o alla preferenza dei consumatori, ma soprattutto dal fatto che è davvero utile per i consumatori e che porta a una limitazione dell’assunzione di energia, grassi e zuccheri tale da migliorare lo stato nutrizionale della popolazione. NutriScore è l’unico logo nutrizionale che ha superato l’intero schema concettuale e le varie fasi del processo di validazione raccomandato dall’OMS.

Se studiamo la letteratura scientifica, ci sono molti studi sulle GDA/RI proposte dall’industria negli anni 2000 (il logo su cui si basa Nutrinform), ma ce ne sono pochi su Nutrinform. Ciò che si evince dall’analisi dei lavori sulle GDA/Ri è la loro totale inefficacia e la mancanza di un impatto positivo sul comportamento d’acquisto dei consumatori, e in particolare sulla loro qualità nutrizionale (che è l’obiettivo di un’etichetta nutrizionale). Inoltre, le GDA/Ri sono spesso utilizzate come gruppo di “controllo” (l’equivalente di un placebo negli studi sui farmaci) negli studi sull’efficacia dei loghi.

Ad esempio, studi oggettivi di comprensione in più di 18 Paesi (3) (tra cui 12 Paesi europei) che hanno messo a confronto 5 loghi nutrizionali (tra cui NutriScore e GDA/RI) hanno dimostrato che NutriScore era il logo più efficace nell’aiutare i consumatori a confrontare la qualità nutrizionale degli alimenti, mentre GDA/RI era il logo nutrizionale che meno aiutava i consumatori a classificare correttamente gli alimenti in base alla loro qualità nutrizionale. Anche questo studio è stato condotto su 1023 consumatori italiani. (4) I risultati osservati sono identici a quelli degli altri Paesi, vale a dire che GDA/RI è risultato essere il logo nutrizionale meno efficace tra tutti quelli testati, non mostrando alcuna differenza di impatto rispetto alla situazione di base senza alcun logo nutrizionale. Nel complesso, il GDA/RI (molto simile al modello e al formato Nutrinform) non fornisce alcun beneficio ai consumatori.

D’altra parte, altri studi (5) che hanno testato l’impatto diretto di diversi loghi (tra cui NutriScore e GDA/RI) sulle scelte alimentari in condizioni reali, condotti in supermercati online, in negozi virtuali o in un gran numero di supermercati, hanno dimostrato che NutriScore era efficace nel migliorare la qualità nutrizionale dei panieri e che aveva un impatto maggiore rispetto a tutti gli altri loghi testati. In questi studi randomizzati, il logo GDA/RI (il cui modello è molto simile a Nutrinform) non ha migliorato i panieri della spesa. NutriScore è il logo associato alla migliore qualità nutrizionale complessiva del carrello della spesa, sia nella popolazione generale che nelle popolazioni più vulnerabili dal punto di vista nutrizionale: popolazioni svantaggiate, consumatori meno abbienti, studenti e pazienti con malattie croniche.

A differenza del NutriScore, non esistono studi che valutino l’impatto di Nutrinform sulle scelte alimentari e sulla qualità nutrizionale dei panieri in condizioni reali. Tuttavia, Nutrinform è molto simile alle GDA/RI, che non sono risultate efficaci nei vari studi che le hanno testate.

Ci sono tre studi italiani pubblicati che concludono che il Nutrinform è preferito al NutriScore dai consumatori. (6) Tuttavia, la metodologia di questi studi deve essere presa in considerazione, poiché si concentrano sulla comprensione soggettiva dei loghi, una dimensione che è simile alla percezione/preferenza del logo. Anche se un logo nutrizionale è ben percepito dai consumatori, ciò non significa che sia ben compreso, ben utilizzato e che abbia un impatto sulle scelte alimentari e sulla qualità nutrizionale degli acquisti. Per valutare queste dimensioni fondamentali, è necessario misurare la comprensione oggettiva e l’effetto sulle scelte alimentari, che non sono state coperte dagli studi italiani.

Invece, tre studi che hanno coinvolto team francesi, spagnoli, italiani e portoghesi hanno confrontato non solo la percezione e le preferenze, ma anche la comprensione oggettiva di NutriScore e Nutrinform da parte dei consumatori in Italia, Spagna e Portogallo. (7) Tutti e tre gli studi dimostrano che in termini di comprensione oggettiva (una condizione importante per definire la qualità di un logo nutrizionale), il NutriScore è significativamente associato a una migliore/maggiore capacità dei consumatori di identificare un maggior numero di prodotti alimentari che promuovono la salute in tutte le categorie alimentari testate rispetto al NutrInform. Il NutriScore è stato inoltre percepito come significativamente più facile da usare rispetto a NutrInform. Infine, in questi studi il NutriScore è stato associato a scelte alimentari migliori, con una riduzione di energia, zuccheri e grassi nei prodotti selezionati rispetto al NutrInform. È interessante notare che nella categoria dei grassi aggiunti, il NutriScore ha aumentato la probabilità di selezionare l’olio d’oliva tra i diversi grassi rispetto al NutrInform.

Va inoltre notato che i 3 studi italiani che hanno trovato un risultato più favorevole per Nutrinform, indipendentemente dal fatto che hanno preso in considerazione solo la comprensione soggettiva (e non quella oggettiva), sono stati finanziati da Federalimentare (la Federazione Italiana degli Industriali Alimentari “che rappresenta e tutela l’industria alimentare e delle bevande italiana” e che da anni si batte contro NutriScore e sostiene Nutrinform). Va ricordato che molti studi hanno dimostrato l’esistenza di legami tra il finanziamento di uno studio e la direzione dei suoi risultati. (8) Ad esempio, negli studi sugli effetti deleteri delle bevande zuccherate pubblicati nella letteratura scientifica internazionale, è stato dimostrato che la direzione delle conclusioni degli articoli è significativamente associata alla fonte di finanziamento. Le pubblicazioni finanziate dall’industria hanno 8 volte più probabilità di avere una conclusione favorevole all’industria, cioè di dimostrare un effetto positivo del prodotto sulla salute. Ciò solleva la questione dei conflitti di interesse economico e dei pregiudizi nella nutrizione.

Ma soprattutto, ciò che è importante considerare da un punto di vista scientifico è che i risultati degli studi Nutrinform e NutriScore, senza finanziamenti privati, sono totalmente in linea con le conclusioni del rapporto del Centro Comune di Ricerca della CE (pubblicato nel 2022) (9) che, dopo un’analisi molto completa della letteratura scientifica, conclude chiaramente sulla superiorità dei sistemi interpretativi a colori (come NutriScore) rispetto ai sistemi informativi monocromatici (come NutrInform).

e) Nutrinform, un logo sostenuto dall’industria e rifiutato dai consumatori

In generale, il sistema Nutrinform è totalmente rifiutato dalle associazioni dei consumatori (tra cui BEUC, che rappresenta 46 associazioni di consumatori, FoodWatch, presente in diversi Paesi europei, ecc.), che lo considerano incomprensibile e fuorviante. D’altro canto, Nutrinform è sostenuto dalle lobby agroalimentari, che lo vedono come un baluardo contro il NutriScore e come un modo per preservare l’immagine dei prodotti made in Italy.

2) ‘Il NutriScore è un sistema interpretativo e non educativo/informativo. Non migliora le conoscenze nutrizionali del consumatore, che si aspetta che il punteggio venga accettato acriticamente. Non fornisce alcun aiuto nella scelta della composizione complessiva della dieta, né facilita una combinazione appropriata dei vari alimenti’. Come commenta questa osservazione?

L’evidenza scientifica favorisce i sistemi interpretativi (tipo NutriScore) per i consumatori rispetto ai sistemi informativi (tipo Nutrinform)

La revisione della letteratura scientifica conclude chiaramente che i loghi nutrizionali interpretativi sono meglio compresi dai consumatori rispetto ai formati puramente informativi, in particolare tra le popolazioni vulnerabili con uno status socio-economico inferiore (10,11).

Nel settembre 2022, il Centro comune di ricerca della Commissione europea (CCR, il servizio scientifico interno della Commissione europea che conduce ricerche e fornisce consulenze scientifiche indipendenti e basate su dati concreti a sostegno delle politiche dell’UE) ha pubblicato i risultati di quattro revisioni scientifiche sulle informazioni ai consumatori sugli alimenti.

Per quanto riguarda l’etichettatura nutrizionale nella parte anteriore della confezione, la relazione scientifica di 230 pagine firmata da 13 scienziati internazionali del CCR ha analizzato 173 documenti con una metodologia rigorosa ampiamente descritta nella relazione. Ha esaminato i lavori scientifici sulle diverse caratteristiche dei loghi nutrizionali: l’attenzione, le preferenze e il consenso dei consumatori, la comprensione oggettiva, l’impatto sull’acquisto di alimenti, il ruolo delle differenze socioeconomiche, gli effetti dell’implementazione, la dieta e la salute, la riformulazione e l’innovazione degli alimenti.

Le principali conclusioni di questo lavoro scientifico ben documentato sono (a parte le considerazioni generali sui loghi nutrizionali, come il fatto che i consumatori apprezzano la presenza dei loghi nutrizionali sulla parte anteriore delle confezioni degli alimenti come un modo facile e veloce per ottenere informazioni nutrizionali utili al momento dell’acquisto) che:

l’uso del colore rende i loghi nutrizionali più evidenti e stimola l’attenzione dei consumatori,

– i loghi nutrizionali meno complessi richiedono meno tempo e attenzione per essere elaborati dai consumatori,

– la maggior parte degli studi suggerisce che i consumatori preferiscono loghi nutrizionali colorati,

– nel complesso, i consumatori sembrano preferire loghi nutrizionali semplici, colorati e diretti,

– gli studi dimostrano che i loghi più semplici, valutativi e a semaforo sono più facili da capire rispetto a quelli più complessi, non valutativi e monocromatici,

– in termini di impatto sugli acquisti, gli studi sperimentali suggeriscono che i loghi colorati sono più utili delle versioni monocromatiche nell’incoraggiare i consumatori ad acquistare alimenti più sani in generale,

i consumatori a basso reddito sembrano preferire i loghi nutrizionali valutativi.

Come si evince da questo rapporto del CCR, NutriScore ha tutte le carte in regola per quanto riguarda le caratteristiche positive di utilità ed efficacia, essendo classificato dal CCR come un logo nutrizionale semplice, colorato, sintetico e valutativo, il cui calcolo si basa su una semplice quantità di riferimento (100g o 100ml).

Al contrario, il sistema italiano di batterie NutrInform è classificato come un logo monocromatico, non valutativo e complesso (corrispondente a un tipo di logo considerato dalle analisi del CCR meno ben posizionato in termini di utilità ed efficacia).

a) I sistemi informativi sarebbero davvero educativi e quelli interpretativi no?

C’è una confusione totale mantenuta dai detrattori del NutriScore che cercano di far credere che i loghi informativi (come Nutrinform) sarebbero “educativi” a differenza dei loghi interpretativi (come il NutriScore). Si tratta di un’affermazione priva di basi reali e di prove scientifiche.

Esistono infatti definizioni ufficiali per i diversi tipi di logo nutrizionali: i logo interpretativi forniscono una valutazione/giudizio del valore nutrizionale di un prodotto alimentare sulla base delle informazioni disponibili sul retro della confezione (nutrienti e/o ingredienti), ad esempio attraverso colori o simboli, mentre i logo informativi riproducono parte delle informazioni disponibili sul retro della confezione in un formato grafico diverso, ma senza fornire una valutazione/giudizio aggiuntivo per il consumatore.

Pertanto, lo scopo di un logo interpretativo come NutriScore è quello di fornire informazioni sintetiche per aiutare i consumatori a orientare le loro scelte alimentari verso alimenti di migliore qualità nutrizionale (che è stata dimostrata da numerosi studi scientifici). Non si tratta di uno standard, ma di una trasparenza sulla qualità nutrizionale complessiva degli alimenti valutata da un sistema basato su solide basi scientifiche che il consumatore può incorporare, se lo desidera, nella sua decisione di acquisto.

Nessuno studio ha dimostrato che un logo informativo come Nutrinform contribuisca in qualche modo all’educazione dei consumatori. In realtà, fornisce semplicemente le stesse informazioni in forma grafica della tabella nutrizionale sul retro della confezione (con una rappresentazione sotto forma di pile che le organizzazioni dei consumatori trovano controintuitiva).

Ma in realtà c’è spesso una confusione, mantenuta da chi vuole danneggiare il NutriScore, tra gli obiettivi dell’educazione alimentare e quelli di un logo nutrizionale.  Possiamo davvero pensare che l’ambiente in cui i consumatori fanno la spesa, il supermercato in generale, possa essere considerato un luogo adatto all’apprendimento?

Infatti, lo scopo principale di un logo nutrizionale non è quello di educare, ma di aiutare i consumatori, al momento dell’acquisto, a mettere in pratica gli elementi di educazione alimentare che ricevono altrove, consentendo loro di riconoscere la qualità nutrizionale complessiva degli alimenti e di confrontare i prodotti tra loro per orientare le loro scelte verso alimenti di migliore qualità nutrizionale, in linea con le raccomandazioni nutrizionali e quindi più favorevoli alla loro salute. Si tratta di uno strumento adattato all’ambiente in cui deve essere utilizzato, complementare ad altre azioni educative per la popolazione. Per i consumatori che lo desiderano, le informazioni dettagliate sulla composizione del prodotto restano disponibili sul retro o sui lati della confezione.

L’educazione alimentare dei consumatori/cittadini, che avviene, tra l’altro, attraverso le raccomandazioni nutrizionali (come quelle contenute nelle guide alimentari) e i loghi nutrizionali, rappresenta l’espressione di due diversi tipi di informazioni i cui principi di sviluppo differiscono in vari modi, ma che sono complementari. Per comprendere i rispettivi ruoli delle linee guida nutrizionali e dei loghi nutrizionali, nonché la complementarità e la sinergia tra questi due strumenti di salute pubblica, è essenziale considerare le differenze nei rispettivi obiettivi e come possono e devono essere coordinati.

Le linee guida nutrizionali della sanità pubblica forniscono il quadro generale per una dieta sana, che deriva dal consumo di una combinazione di alimenti generici, sia in termini di quantità che di qualità. Queste raccomandazioni forniscono ai consumatori consigli pratici su ciò che è considerato una dieta sana, dando informazioni generali sul consumo dei grandi gruppi di alimenti (frutta e verdura, legumi, frutta secca, latticini, carne, grassi aggiunti, prodotti zuccherati, ecc.). Queste informazioni aiutano i consumatori a identificare i gruppi di alimenti il cui consumo dovrebbe essere incoraggiato o limitato e a strutturare la dieta nell’arco di più giorni. Per alcuni di questi gruppi di alimenti viene fornita una frequenza di consumo quantitativa raccomandata, ad esempio “almeno 5 porzioni di frutta e verdura al giorno”; “pesce almeno due volte alla settimana”; “una manciata di noci non salate al giorno”… Per altri, i consigli sono di tipo qualitativo, come “limitare il consumo di sale, zucchero o grassi”, “privilegiare i cereali integrali”, “privilegiare i prodotti vegetali rispetto a quelli animali”, “limitare gli alimenti ultra-lavorati”, “mangiare cibi freschi, fatti in casa”.

Queste linee guida nutrizionali sono state concepite per aiutare i consumatori ad adottare una dieta sana. Mentre è possibile caratterizzare una dieta come “sana” o “malsana” sulla base della sua associazione con il rischio di varie malattie (come i tumori, le malattie cardiovascolari o il diabete di tipo 2, l’ipertensione arteriosa, ecc.), non si può dire lo stesso per i singoli alimenti. Infatti, nessun alimento può essere considerato dannoso o tossico in quanto tale, così come nessun alimento può essere considerato una panacea universale, anche se ovviamente alcuni hanno composizioni nutrizionali più favorevoli di altri. È la combinazione dei gruppi di alimenti all’interno di una dieta complessiva a definirla più o meno sana o malsana. A differenza delle raccomandazioni nutrizionali, che si riferiscono a gruppi di alimenti generici e alla dieta complessiva, i loghi nutrizionali valutano il valore nutrizionale di alimenti specifici. Pertanto, il Nutri-Score non classifica gli alimenti come “sani” o “non sani” in termini assoluti. Un tale scopo per un logo nutrizionale sarebbe discutibile, poiché la salubrità assoluta di un alimento dipende dalla quantità consumata e dalla frequenza del suo consumo, ma anche dall’equilibrio dietetico complessivo degli individui (sapendo che l’equilibrio nutrizionale complessivo non si ottiene attraverso il consumo di un singolo alimento, né nell’arco di un pasto, né tantomeno nell’arco di una giornata).

Inoltre, anche all’interno dei gruppi alimentari oggetto di raccomandazioni nutrizionali per la salute pubblica, gli alimenti specifici che li compongono mostrano una grande variabilità in termini di composizione, soprattutto se si considera la gamma di alimenti industriali. Per esempio, il pesce può essere acquistato crudo, in scatola, affumicato, impanato, tritato… Tutte queste forme di pesce sono presenti nelle raccomandazioni nutrizionali che servono da base per l’educazione alimentare nel gruppo generico “Pesce”. Tuttavia, queste varie forme di pesce hanno composizioni nutrizionali molto diverse. Ad esempio, il salmone (come altri pesci grassi), a seconda della forma in cui viene venduto, può non contenere sale (se è fresco) o contenere fino a 3 o 4 g di sale per 100 g se è affumicato (che corrisponde alla metà o ai 2/3 della dose massima giornaliera raccomandata di sale). Il Nutri-Score permette di oggettivare facilmente queste differenze nella composizione nutrizionale e fornisce quindi informazioni preziose (che contribuiscono all’educazione alimentare): il salmone fresco è classificato A, quello in scatola è classificato B e quello affumicato è classificato D. Queste informazioni sono particolarmente utili per i consumatori, poiché le raccomandazioni nutrizionali incoraggiano il consumo di pesce e soprattutto di pesce grasso senza fornire ulteriori dettagli. “Mangiare salmone, aringhe o sardine” fa quindi parte delle raccomandazioni nutrizionali per educare i consumatori, ma questo messaggio non fornisce informazioni sulle differenze nutrizionali delle varie forme esistenti di questi pesci. Pertanto, il Nutri-Score è davvero complementare alle raccomandazioni nutrizionali della sanità pubblica. Aiuta i consumatori a regolare facilmente la quantità e la frequenza di consumo dei diversi tipi di pesce in base alla loro qualità nutrizionale e consente loro di mangiare pesce (che fa parte della raccomandazione) ma di evitare di consumare sistematicamente pesce contenente elevate quantità di sale (anche la limitazione dell’assunzione di sale è una raccomandazione nutrizionale di salute pubblica). Questa situazione si riscontra in tutti i gruppi di alimenti soggetti alle raccomandazioni generiche.

Allo stesso modo, all’interno dei gruppi di alimenti il cui consumo dovrebbe essere limitato in base alle raccomandazioni (ad esempio patatine, dolci, biscotti, pizze), esiste anche un’ampia variabilità nella composizione nutrizionale degli alimenti specifici al loro interno, in termini di sale, grassi saturi, zuccheri, calorie, fibre. Pertanto, anche se la raccomandazione generica è di limitare il consumo di questi prodotti che sono – per la maggior parte – salati e/o dolci e/o grassi, il Nutri-Score può aiutare i consumatori a identificare i prodotti con la composizione meno sfavorevole, il che è utile per il consumatore, integra le raccomandazioni e contribuisce all’educazione dei consumatori.

Il Nutri-Score sembra essere utile anche per mostrare ai consumatori le principali differenze che possono esistere nella qualità nutrizionale di prodotti alimentari con lo stesso nome (ad esempio tra “pizze al formaggio”, “biscotti al cioccolato”, “muesli”), ma con marche diverse. Anche se le raccomandazioni nutrizionali ricordano che il consumo di questi tipi di alimenti dovrebbe essere complessivamente limitato, è importante consentire ai consumatori di identificare all’interno di questi prodotti il tipo o la marca con una migliore qualità nutrizionale. Questa oggettivazione da parte del Nutri-Score potrebbe anche incoraggiare le aziende a riformulare i loro prodotti per adeguarsi ai concorrenti (come si osserva nei Paesi che hanno adottato il Nutri-Score).

In relazione alle raccomandazioni nutrizionali, un altro punto da considerare è la promozione di alimenti non trasformati o minimamente trasformati, compresi i prodotti fatti in casa, e la raccomandazione di limitare i prodotti ultra-lavorati di produzione industriale. Questi messaggi sono trasmessi nelle raccomandazioni per i consumatori. Tuttavia, nell’attuale contesto alimentare europeo, il tempo trascorso a cucinare e l’utilizzo di alimenti freschi per la preparazione dei pasti – piuttosto che la miscelazione di ingredienti industriali – tende a diminuire, soprattutto nelle generazioni più giovani, che sono anche le più a rischio di obesità e sovrappeso, specialmente in Italia. L’analisi delle tendenze dell’offerta alimentare a disposizione dei consumatori mostra che i cibi e i pasti pronti sono un mercato in crescita. Alla luce di queste tendenze, il Nutri-Score sembra essere una strategia complementare ai messaggi delle raccomandazioni per aiutare i consumatori a scegliere, tra i molti alimenti industriali disponibili sul mercato, quelli che hanno una migliore qualità nutrizionale o quelli che sono meno sfavorevoli dal punto di vista nutrizionale. Il messaggio generale è “scegliete gli alimenti freschi, ma per gli alimenti trasformati che acquistate, scegliete quelli con il miglior Nutri-Score”.

È ovvio che se i consumatori vogliono mangiare un panino o una zuppa di pomodoro, dovrebbero idealmente prepararli da soli con alimenti freschi e ingredienti di buona qualità nutrizionale e senza additivi. Ma se, per mancanza di tempo, voglia o mezzi, decidono di acquistare un panino o una zuppa industriale già pronti, è preferibile che scelgano quelli di migliore (o minore) qualità nutrizionale, che il Nutri-Score permette di riconoscere!

Inoltre, esiste un elevato grado di coerenza tra le raccomandazioni nutrizionali della sanità pubblica che fungono da base per l’educazione alimentare e la classificazione dei gruppi alimentari del Nutri-Score sugli alimenti. La distribuzione del punteggio alla base del calcolo del Nutri-Score è stata analizzata in diversi database sulla composizione degli alimenti. In particolare, è stato condotto uno studio in 13 Paesi (Francia, Belgio, Spagna, Germania, Svizzera, Italia, Regno Unito, Paesi Bassi, Svezia, Austria, Finlandia, Polonia, Portogallo). (12)

La maggior parte degli alimenti che contengono principalmente frutta e verdura sono classificati come A o B, mentre la maggior parte dei prodotti dolciari sono classificati come D o E. Questa coerenza si riscontra anche all’interno dei gruppi alimentari stessi: nel gruppo degli amidi, legumi, pasta e riso sono sistematicamente classificati più in alto rispetto ai cereali da colazione. Nel gruppo dei latticini, il latte e lo yogurt sono classificati più in alto del formaggio. Per quanto riguarda i piatti misti, c’è un’ampia variabilità nella qualità nutrizionale dei prodotti che rientrano in questa categoria. Per quanto riguarda le bevande, mentre la maggior parte dei succhi di frutta è classificata C, le bibite zuccherate sono classificate E e solo l’acqua è classificata A, in linea con le raccomandazioni nutrizionali.

Nel complesso, il Nutri-Score sembra essere coerente con le raccomandazioni nutrizionali della sanità pubblica su cui si basa l’educazione alimentare per la grande maggioranza degli alimenti presenti sul mercato alimentare. Data la grande variabilità della qualità nutrizionale all’interno delle categorie alimentari da promuovere e di quelle da limitare, il Nutri-Score fornisce informazioni aggiuntive per guidare i consumatori verso alimenti con una migliore composizione nutrizionale (contenenti meno nutrienti sfavorevoli e/o più elementi favorevoli). Il NutriScore è un complemento perfetto alle raccomandazioni nutrizionali della sanità pubblica che servono come base per l’educazione alimentare. Naturalmente, è essenziale attuare una comunicazione adeguata che ricordi alla popolazione gli elementi forniti da ciascuna di queste informazioni (raccomandazioni e logo nutrizionale). In pratica, il principio di questa comunicazione per i consumatori è: 1) è consigliabile seguire le raccomandazioni nutrizionali per ottenere abitudini alimentari complessivamente sane. Queste raccomandazioni forniscono indicazioni su quali gruppi di alimenti generici dovrebbero essere promossi o limitati, sulle frequenze di consumo di questi gruppi di alimenti, quando specificate, e favoriscono gli alimenti freschi, quelli fatti in casa e riducono il consumo di alimenti ultra-lavorati; e poi 2) all’interno di questi gruppi, si consiglia di utilizzare il Nutri-Score per scegliere quelli con una migliore qualità nutrizionale, all’interno della categoria o tra le marche, e quindi adattare la quantità/frequenza di consumo degli alimenti.

Il Nutri-Score non è quindi destinato a sostituire le raccomandazioni nutrizionali, che rimangono la base dell’educazione alimentare, ma a completarle, per aiutare al momento dell’acquisto.

Mentre le raccomandazioni nutrizionali della sanità pubblica sono più o meno le stesse in tutti i Paesi europei, le strategie di comunicazione ed educazione sull’uso delle raccomandazioni nutrizionali e del NutriScore devono essere adattate ai diversi contesti culturali, tenendo conto delle specifiche abitudini e tradizioni alimentari. La comunicazione e l’educazione su questo tema devono mobilitare tutti gli attori interessati: strutture per la nutrizione e la salute pubblica, nutrizionisti e dietisti, operatori sanitari, insegnanti, operatori sul campo, ecc.

La validazione del sistema di profilazione nutrizionale alla base di NutriScore e la dimostrazione dell’efficacia del suo formato grafico sulla qualità nutrizionale degli alimenti acquistati giustificano pienamente la sua implementazione sulle confezioni degli alimenti in sinergia con le raccomandazioni nutrizionali generiche. Questo è importante perché, in assenza di informazioni comprensibili sulla qualità nutrizionale degli alimenti, i consumatori sono alla mercé del marketing delle aziende alimentari che utilizzano diverse strategie (pubblicità, sottili evocazioni sulle confezioni, per esempio) per spingere al consumo di determinati prodotti che, dal punto di vista della salute pubblica, dovrebbero essere limitati. Inoltre, la crescente domanda di alimenti sani da parte dei consumatori spinge l’industria a rispondere inondando il mercato di alimenti industriali pesantemente etichettati con indicazioni sulla salute e sulla nutrizione che i consumatori hanno difficoltà a valutare in modo indipendente. Alla luce di queste tendenze, il Nutri-Score sembra essere un aiuto concreto per i consumatori nella scelta di alimenti più rispettosi della salute e della nutrizione presso il punto vendita, a complemento delle raccomandazioni nutrizionali.

3) ‘Come dimostrano dati recenti, Nutri-score non promuove l’adesione alla dieta mediterranea, che è la dieta con maggiori prove di effetto anticancro’. Come risponde a questa affermazione?

Dire che Nutri-Score non incoraggia l’adesione alla dieta mediterranea è un’affermazione totalmente falsa. Sono le lobby dei salumi e dei formaggi italiani, talvolta veicolate da alcuni politici, che cercano di far credere che Nutri-Score si opponga alla dieta mediterranea, sostenendo che i salumi e i formaggi italiani sono pilastri del modello alimentare mediterraneo e che Nutri-Score penalizzerebbe questi alimenti classificandoli come D o E (a causa del loro elevato contenuto di sale e di acidi grassi saturi). Questa argomentazione non ha senso.

Infatti, per i nutrizionisti e i responsabili della salute pubblica, il modello di dieta mediterranea, favorevole alla salute (e non solo al cancro, ma anche alle malattie cardiovascolari, all’obesità, al diabete, ecc.), non promuove formaggi e salumi (italiani e non). La dieta mediterranea non si limita al consumo di pecorino romano, gorgonzola, prosciutto crudo o prosciutto di San Daniele (che sono prodotti eccellenti dal punto di vista gastronomico). Il modello alimentare mediterraneo, favorevole alla salute e promosso da tutti i nutrizionisti del mondo (compresi i creatori del Nutri-Score), è caratterizzato da un consumo abbondante di frutta e verdura, legumi, cereali integrali e pesce (prodotti ben classificati dal Nutri-Score) e da un consumo limitato di carne, salumi e alimenti dolci, grassi e salati (prodotti meno classificati dal Nutri-Score). Nel modello mediterraneo, l’olio d’oliva dovrebbe essere favorito tra i grassi aggiunti, il che si riflette nel suo punteggio C (e presto in B grazie all’aggiornamento del Nutri-Score nel 2023), il miglior punteggio possibile per gli oli vegetali.

Inoltre, uno studio condotto sull’applicazione del NutriScore agli alimenti in Grecia (13) ha mostrato un’ottima corrispondenza tra la classificazione del Nutri-Score e la piramide alimentare mediterranea. In Spagna, lo studio condotto dal team responsabile della coorte SUN (14) ha dimostrato che l’algoritmo per il calcolo del Nutri-Score è perfettamente coerente con le raccomandazioni di salute pubblica spagnole e con il modello di dieta mediterranea (valutato da vari indici) in una popolazione di oltre 20.000 partecipanti spagnoli seguiti per 10 anni. È interessante notare che la conclusione degli autori spagnoli è che i loro risultati supportano l’interesse di implementare il Nutri-Score nei Paesi europei del Mediterraneo (tra cui Spagna, Italia, Grecia).

Le lobby economiche e i loro referenti politici cercano di creare nei loro discorsi una confusione tra gli alimenti simbolo del patrimonio gastronomico italiano e gli alimenti promossi dal modello di dieta mediterranea. Tutto ciò non ha nulla a che vedere! Si tratta infatti di un’appropriazione indebita del concetto di dieta mediterranea… Naturalmente, ideato da scienziati esperti di nutrizione, NutriScore non si oppone in alcun modo alla dieta mediterranea. Gli alimenti di base di questo modello sono ben classificati da Nutri-Score.

Se i formaggi e i salumi (e non solo quelli italiani) sono classificati per lo più come D e talvolta come E, ciò è dovuto al fatto che contengono elevate quantità di grassi saturi e di sale e sono anche calorici. Tuttavia, come tutti i prodotti classificati come D o E, possono benissimo essere consumati nell’ambito di una dieta equilibrata, ma in quantità/frequenza limitata (in linea con i principi della dieta mediterranea e del Nutri-Score). Questi prodotti, eccellenti dal punto di vista gastronomico e parte di un notevole patrimonio culinario, hanno un posto perfetto in una dieta equilibrata. Tuttavia, come indica il NutriScore D o E, il loro consumo deve essere ragionevole e si deve evitare un consumo troppo frequente.

E in queste categorie di alimenti da limitare (salumi, formaggi), trasmettiamo il messaggio di scegliere quelli che hanno una DOP/IGP. Sebbene i marchi DOP/IGP non siano garanzia di buona qualità nutrizionale, il fatto che siano prodotti secondo un sapere ancestrale riconosciuto che rispetta un disciplinare specifico e metodi di produzione virtuosi sono elementi di tutto rispetto che vanno valorizzati e sostenuti. Ma attenzione, questi marchi non includono mai nella loro definizione il concetto di “qualità nutrizionale” (non è questo il loro ruolo). È quindi sbagliato suggerire che l’esposizione di questi marchi conferisca a questi prodotti alimentari una qualità nutrizionale che non hanno. Anche con un’etichetta DOP o IGP, i salumi o i formaggi ad alto contenuto di acidi grassi e di sale e ad alto contenuto calorico rimangono ad alto contenuto di acidi grassi e di sale e ad alto contenuto calorico. Far parte del patrimonio gastronomico non ha nulla a che vedere con una buona qualità nutrizionale per la salute. Anche questi alimenti, come tutti gli altri, devono quindi giocare la partita della trasparenza nutrizionale, che deve integrare le etichette che riflettono altri tipi di interesse del prodotto. L’indicazione del Nutri-Score su questi prodotti è perfettamente in linea con il concetto di “consumare meno ma meglio”… A parità di budget, se il consumo deve in definitiva essere limitato come indicato dal Nutri-Score, le etichette DOP/IGP permettono di orientare le scelte in queste categorie verso prodotti di qualitativi, locali, artigianali e di alta qualità sensoriale.

Si può immaginare che se il Nutri-Score si opponesse alle raccomandazioni nutrizionali della dieta mediterranea, non sarebbe così sostenuto dagli esperti di nutrizione a livello internazionale: più di 400 esperti a livello europeo, numerose società europee specializzate nel campo della nutrizione, della salute pubblica, dell’oncologia, delle malattie cardiovascolari, della pediatria, e numerose organizzazioni come l’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro (IARC) dell’OMS, l’Accademia Europea di Pediatria, l’European Childhood Obesity, che chiedono, sulla base del solo dossier scientifico, che il Nutri-Score diventi il logo nutrizionale unico e obbligatorio per tutta l’Europa.

4) Avete dei dati ufficiali sugli esiti in termini di obesità dell’etichettatura NutriScore in Francia (o in altri Paesi in cui Nutri-score è ampiamente utilizzato) negli ultimi anni? Avete chiesto alle famiglie di nutrirsi per anni con alimenti etichettati Nutri-score, rilevando così scientificamente e non solo empiricamente i reali effetti benefici – se ci sono – sulla popolazione?

Per poter valutare oggettivamente l’impatto di una qualsiasi misura di salute pubblica sull’incidenza delle malattie croniche, è necessario avere un sufficiente margine di tempo, cosa che non è avvenuta nel caso del NutriScore, che è stato implementato solo dal 2017. Questo è tanto più vero perché quando è stato adottato ufficialmente in Francia nel 2017, dopo una lunga battaglia contro gli industriali e le lobby che hanno fatto di tutto per impedirne l’attuazione (anche se la sua adozione non è per ora obbligatoria a causa delle normative europee), solo 6 aziende hanno deciso immediatamente di esporlo sui loro prodotti (non ce n’erano quando è stato proposto dagli scienziati nel 2014). Sotto la pressione di scienziati e attori della salute pubblica e la forte domanda dei consumatori, abbiamo assistito in Francia (e poi negli altri 6 Paesi che l’hanno adottata: Belgio, Germania, Lussemburgo, Paesi Bassi, Spagna e Svizzera) a un graduale aumento del numero di produttori e distributori di alimenti che, dopo aver resistito, l’hanno infine adottata (anche se alcuni grandi gruppi si rifiutano di esporla e continuano a combatterla, come Coca Cola, Ferrero, Mars, Mondelez, Lactalis, Unilever international, Kraft).

Pertanto, per poter valutare oggettivamente l’effetto di un logo nutrizionale (NutriScore o altro) sulla popolazione generale, occorre attendere un periodo di esposizione più lungo. In ogni caso, non è pensabile che un logo nutrizionale possa risolvere da solo tutti i problemi nutrizionali e in particolare il problema dell’obesità. Per essere efficaci nella prevenzione nutrizionale delle malattie croniche (compresa l’obesità), è necessario mettere in atto politiche nutrizionali ambiziose per la salute pubblica, commisurate alle sfide che queste malattie pongono. Queste politiche devono combinare una serie di misure, tra cui l’educazione alimentare, l’informazione, la comunicazione, la regolamentazione della pubblicità e del marketing alimentare, i sistemi di tassazione/sussidi basati sulla qualità nutrizionale degli alimenti, le azioni sulla qualità dell’approvvigionamento alimentare, le misure sociali per promuovere l’accesso ad alimenti di buona qualità nutrizionale per i più poveri, ecc. Il Nutri-Score è uno degli elementi di queste politiche. Il suo scopo è quello di aiutare i consumatori, al momento dell’acquisto, a orientare la loro scelta verso alimenti di migliore qualità nutrizionale, migliorando così l’apporto dietetico e lo stato nutrizionale e, in ultima analisi, la loro salute.

Ovviamente non è possibile, come spesso accade nel campo della nutrizione, effettuare studi randomizzati confrontando, come lei suggerisce, una popolazione che fa la spesa in negozi in cui il NutriScore è esposto sui prodotti rispetto a una popolazione che fa la spesa in supermercati senza Nutri-Score, per un lungo periodo di tempo e per monitorare l’impatto sul peso dei soggetti. Questo non è fattibile, ma disponiamo di indicatori di sorveglianza nutrizionale che ci permetteranno di studiare la questione in termini di determinanti dell’evoluzione dell’obesità in coorti prospettiche in corso. Ma questo non è possibile per il NutriScore come per qualsiasi altro logo nutrizionale, compreso il NutrInform!

Tuttavia, vorrei ricordare che esistono diversi studi condotti nell’ambito di grandi coorti in Francia (15) (SU.VI. MAX, NutriNet-Santé), in Spagna (16) (SUN, ENRICA) e in Europa (17) (EPIC con più di 500.000 partecipanti in 10 Paesi), su ampie popolazioni seguite per molti anni (tra i 6 e i 17 anni) in termini di alimentazione e salute, che hanno dimostrato che i soggetti che consumano alimenti meno classificati nella scala NutriScore hanno un rischio maggiore di sviluppare cancro, malattie cardiovascolari, sindrome metabolica o aumento eccessivo di peso. Gli studi di coorte hanno anche dimostrato, su campioni di grandi dimensioni, che il consumo di alimenti ben classificati nella scala Nutri-Score era prospetticamente associato a un minore aumento di peso e a una minore incidenza di obesità.

Inoltre, uno studio di simulazione, che ha preso in considerazione gli effetti ottenuti dal NutriScore in uno studio randomizzato, ha stimato che quasi il 3,4% delle malattie croniche legate all’alimentazione potrebbero essere evitate grazie al suo utilizzo, il che è tutt’altro che trascurabile per una politica nutrizionale pubblica.

Quindi, anche se non possiamo aspettarci che l’implementazione del Nutri-Score risolva da sola il problema dell’obesità, si tratta di una misura semplice che ha dimostrato scientificamente di avere un impatto sul rischio di obesità e di malattie croniche legate all’alimentazione (tumori, malattie cardiovascolari, diabete, sindrome metabolica, ecc.) e quindi di contribuire a ridurne l’incidenza.

5) Gli alimenti più importanti per la prevenzione del cancro sono quelli freschi (ad esempio, verdura e frutta) e i cereali integrali, ricchi di fibre e antiossidanti. Si tratta di alimenti non confezionati, che non rientrano quindi nella classificazione Nutri-Score. Non è questa una grave lacuna rispetto all’obiettivo di educare la popolazione all’alimentazione?

Quando è stato ideato e proposto dagli esperti accademici indipendenti, era già previsto di estendere il Nutri-Score alla ristorazione collettiva e ai prodotti crudi venduti sfusi (non preconfezionati). Inoltre, anche se non sono direttamente interessati dal NutriScore, i prodotti freschi venduti sfusi, in particolare frutta e verdura, legumi e prodotti integrali (non zuccherati e non salati) che sono particolarmente interessanti in termini di prevenzione delle malattie croniche (e in particolare per la prevenzione del cancro) sono, ovviamente, molto ben classificati dal Nutri-Score (sono quindi valutati dal Nutri-Score).

Negli ultimi tre anni si è lavorato con i ministeri interessati e gli esperti scientifici del settore per estendere il Nutri-Score a questi diversi contesti (a differenza dei prodotti preconfezionati, che hanno un’etichetta che presenta i valori nutrizionali, sono necessarie regole validate per calcolare il NutriScore per i prodotti senza etichetta nutrizionale). Queste estensioni dovrebbero essere introdotte in Francia in via sperimentale nel 2023, risolvendo così il problema.

Tuttavia, esistono già alcuni prodotti ortofrutticoli freschi venduti preconfezionati (e quindi già etichettati favorevolmente da Nutri-Score) e industriali (surgelati, in scatola, ecc.) che contengono quantità significative di frutta e verdura, cereali integrali ricchi di fibre ecc. e che quindi contribuiscono all’assunzione totale di questi elementi nutrizionali favorevoli, riconosciuti come utili per ridurre il rischio di cancro (e di altre malattie croniche). Ovviamente, gli alimenti che contengono questi elementi favorevoli sono valutati dal Nutri-Score, che nel suo algoritmo di calcolo tiene conto in modo positivo della percentuale di frutta e verdura, legumi, contenuto di fibre ecc. e, al contrario, in modo negativo dei nutrienti il cui consumo è sfavorevole in termini di rischio di tumori e altre malattie croniche (sale, zucchero, grassi saturi).

Nel complesso, visti gli elementi presi in considerazione nella sua costruzione e come dimostrato da studi di coorte prospettici, il NutriScore dovrebbe già avere un effetto favorevole sui prodotti preconfezionati, in particolare in termini di riduzione del rischio di cancro. E la sua estensione ai prodotti freschi venduti sfusi probabilmente aumenterà ancora di più le sue prestazioni in questo settore. Ma anche prima della sua estensione, uno studio post-hoc (18) basato sui risultati di un trial randomizzato ha dimostrato che il Nutri-Score tendeva a far aumentare l’acquisto di prodotti non coperti da esso, come la frutta. Il Nutri-Score non sembra quindi portare a un aumento dell’acquisto di prodotti industriali preconfezionati, anzi.

Per convincerci dell’interesse di apporre il Nutri-Score a tutti i prodotti alimentari, anche a quelli crudi o sfusi, vorrei citare ancora una volta i grandi studi di coorte prospettici che includono campioni molto ampi con un follow-up di molti anni, sviluppati in Francia (SU.VI. MAX e NutrInet-Santé), in Spagna (coorti SUN ed ENRICA) e la coorte europea EPIC (471.000 partecipanti di 10 Paesi seguiti per 15 anni), analizzando la relazione tra il consumo di alimenti e la comparsa di tumori (analisi di 49.000 tumori comparsi durante il follow-up), che hanno dimostrato, a livello individuale, che i soggetti che consumano alimenti meglio classificati nella scala Nutri-Score (includendo in queste analisi i prodotti freschi non confezionati) hanno un rischio minore di cancro (e una minore mortalità per cancro).

Sulla base di questo ampio lavoro, le associazioni di esperti di cancro di molti Paesi e l’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro dell’OMS (IARC/OMS) (19) hanno evidenziato la superiorità del NutriScore rispetto ad altri loghi nutrizionali e ne hanno chiesto l’adozione in Europa per aiutare i consumatori a ridurre il rischio di malattie non trasmissibili come il cancro.

Se gli esperti di cancro e la IARC sostengono il Nutri-Score come strumento per aiutare a ridurre il rischio di cancro, non si può accusarlo di aver fallito in questo campo!

6) Il Nutri-score è stato criticato dai nutrizionisti perché assegna punteggi elevati agli alimenti ultra-lavorati. I consumatori possono sostituire gli alimenti ricchi di grassi con altri apparentemente più sani ma altamente trasformati (e con un punteggio Nutri-score più alto). Questa affermazione è corretta?

Non sono i “nutrizionisti” in generale, soprattutto quelli indipendenti e senza conflitti di interesse, a sollevare queste critiche, ma più spesso le lobby economiche (soprattutto alcuni settori agricoli e sindacali che cercano di difendere salumi e formaggi) e le personalità politiche che utilizzano questo argomento per cercare di affossare Nutri-Score.

Anche in questo caso, questo tipo di critica è legata a una scarsa comprensione di ciò che può fare un logo nutrizionale, o al desiderio di strumentalizzare in modo disonesto il Nutri-Score per screditarlo, ma in ogni caso è una fake news far credere che il Nutri-Score darebbe buoni voti complessivi agli alimenti ultra-processati. Questo è assolutamente falso!

Alcuni critici meno ponderati criticano il Nutri-Score perché non tiene conto degli alimenti ultra-processati nel suo calcolo.

Qual è la realtà di questo fatto?

a) È importante sapere che tutti i loghi “nutrizionali” informano solo sulla composizione nutrizionale e non sul grado di elaborazione, soprattutto non sull’ultra-elaborazione

Va ricordato che per definizione un logo “nutrizionale” fornisce informazioni sulla composizione/qualità nutrizionale degli alimenti e, per ragioni scientifiche, non include nel suo calcolo altri aspetti salutistici degli alimenti che non sono di natura nutrizionale, come l’ultra-lavorazione (legata a processi industriali), la presenza di additivi, composti neo-lavorati e residui di pesticidi. Pertanto, non si può chiedere a un logo nutrizionale di dare più informazioni di quelle che può dare. Di seguito una breve spiegazione della realtà del problema.

– È chiaro che gli studi epidemiologici confermano l’importanza sia della composizione nutrizionale sia della dimensione ultra-lavorativa nello sviluppo delle malattie croniche, indipendentemente l’una dall’altra. Per quanto importanti, queste due dimensioni non sono integrate in nessun logo nutrizionale al mondo, perché non è possibile, allo stato attuale delle conoscenze scientifiche, considerarle insieme nel calcolo di un unico indicatore e quindi aggregarle in un unico logo. Non si tratta di un problema specifico legato al Nutri-Score. Inoltre, Nutrinform, come i semafori multipli britannici o le avvertenze cilene, che sono anch’essi loghi nutrizionali, non fornisce informazioni sul fatto che un alimento sia ultra-lavorato o meno.

– Sintetizzare queste due dimensioni salutistiche degli alimenti in un unico indicatore affidabile, in grado di prevedere globalmente il rischio per la salute, sarebbe chiaramente il sogno di qualsiasi attore della Nutrizione della Sanità Pubblica nell’interesse dei consumatori. Ma non è un caso e non è certo per incompetenza che nessun gruppo di ricerca o struttura di sanità pubblica al mondo, né alcun comitato di esperti indipendenti nazionali o internazionali, né l’OMS siano stati in grado di progettare un tale indicatore sintetico fino ad oggi. Ad esempio, mancano ancora informazioni sui fattori specifici degli alimenti ultra-lavorati che sarebbero particolarmente problematici per la salute. Sono inoltre necessari anni di ricerca prima di poter quantificare l’impatto relativo di ciascuna dimensione sulla salute e ricavare un possibile sistema di ponderazione.

– Va ricordato che diversi studi hanno dimostrato che l’effetto deleterio degli alimenti ultra-lavorati rimane significativo, anche dopo aver aggiustato la qualità nutrizionale della dieta. Tuttavia, l’effetto della componente nutrizionale è anche indipendente dal livello di lavorazione/ultratrasformazione: nella coorte NutriNet-Santé, le associazioni tra il punteggio nutrizionale alla base del Nutri-Score e il rischio di cancro rimangono significative anche dopo l’aggiustamento per la parte di alimenti ultra-lavorati nella dieta.

In totale, quindi, è chiaro che la composizione nutrizionale e il livello di ultratrasformazione sono due dimensioni che possono avere un impatto indipendente sul rischio di malattie croniche attraverso diversi meccanismi specifici e probabilmente in modo complementare.

È quindi necessario accettare che le informazioni complementari su queste diverse dimensioni (Nutri-Score e ultratrasformazione) siano fornite ai consumatori separatamente e, se possibile, in una forma grafica combinata per facilitare la lettura delle informazioni. Per quanto riguarda il Nutri-Score, si propone di integrare il classico logo nutrizionale colorato dalla A alla E con una banda nera intorno, che permetta di riconoscere facilmente se l’alimento è un prodotto ultra-lavorato. (20)

Ma anche se il Nutri-Score si concentra solo sulla composizione nutrizionale degli alimenti, questo significa già molto in termini di salute pubblica (come dimostrano i numerosi studi scientifici che ne evidenziano l’effetto favorevole sulle scelte dei consumatori e l’impatto previsto su morbilità e mortalità.

b) L’indicazione del Nutri-Score sugli alimenti preconfezionati incoraggia il consumo di alimenti ultra-lavorati?

Dal punto di vista scientifico, esistono tre studi che hanno testato l’impatto del Nutri-Score (rispetto all’assenza di loghi) sulle intenzioni di acquisto dei consumatori in studi controllati randomizzati. (21) Nel gruppo NutriScore, i partecipanti tendevano ad acquistare meno prodotti alimentari e soprattutto meno prodotti preconfezionati, con una maggiore diminuzione del numero di alimenti di bassa qualità. Inoltre, con il NutriScore, i partecipanti tendevano ad acquistare meno alimenti trasformati o ultra-lavorati, meno formaggio, salumi, pesce ultra-lavorato, prodotti dolci e salati, salse e condimenti e più frutta e carne non trasformata.

È interessante notare che, sebbene il Nutri-Score tenga conto solo della composizione nutrizionale degli alimenti, questi risultati suggeriscono che avrebbe un effetto sul tipo di alimenti acquistati, con meno alimenti ultra-lavorati. Sono state avanzate diverse ipotesi per spiegare questo effetto. Il Nutri-Score potrebbe sensibilizzare i consumatori in generale sull’impatto delle scelte alimentari sulla salute e incoraggiare comportamenti di acquisto più sani. Inoltre, l’evidenziazione da parte del Nutri-Score degli alimenti mal classificati scoraggerebbe i consumatori dall’acquistarli e li incoraggerebbe a consumare di più alcuni alimenti freschi, considerati sani, come la frutta.

c) Come vengono classificati gli alimenti ultra-lavorati dal Nutri-Score?  Perché un piccolo numero di alimenti ultra-lavorati può avere una buona composizione nutrizionale?

Certo, le due dimensioni, nutrizione e ultra-lavorazione, pur essendo diverse, in parte si sovrappongono: esiste un’associazione generale tra il grado di lavorazione e la qualità nutrizionale degli alimenti valutata dal NutriScore. Tuttavia, se esiste una concordanza tra l’essere un alimento ultra-lavorato e, in media, di qualità nutrizionale inferiore, non sorprende che un piccolo numero di alimenti considerati di migliore qualità nutrizionale (e quindi con un buon NutriScore) siano alimenti ultra-lavorati: se l’80% degli alimenti ultra-lavorati è mal classificato dal Nutri-Score, l’8% si trova attualmente in A. È il caso, ad esempio, del pane integrale (e a basso contenuto di sale) o dello yogurt zuccherato. Il recente aggiornamento dell’algoritmo da parte del comitato scientifico europeo Nutri-Score, che entrerà in vigore nel 2023, penalizzerà maggiormente i prodotti dolci e salati, spostando così i prodotti ultra-lavorati (cereali da colazione zuccherati, piatti pronti, pizze, bevande zuccherate, ecc.) verso punteggi Nutri-Score meno buoni e riducendo il numero di prodotti ultra-lavorati classificati come A (e B). Ma ce ne sarà sempre un piccolo numero, il che non è anormale dato che queste due dimensioni non si sovrappongono totalmente ma sono al contrario complementari, come spiegato sopra.

Come già detto, la composizione nutrizionale e l’ultra-lavorazione non sono collineari ma complementari, e mentre un piccolo numero di alimenti ultra-lavorati ha un buon Nutri-Score, alcuni alimenti considerati “non ultra-lavorati” secondo la classificazione NOVA non hanno una buona qualità nutrizionale (possono essere ad alto contenuto di grassi saturi, zucchero o sale, ecc.). Pertanto, tra gli alimenti non o solo leggermente trasformati (NOVA1), il 7,4% è classificato come D e il 3,3% come E. Ad esempio, il succo d’uva puro è NOVA1 e classificato E dal NutriScore (perché contiene più di 160 g di zucchero/litro). Allo stesso modo, tra gli alimenti industriali trasformati (ma non ultra-lavorati) classificati come NOVA3, il 32,5% è D e il 16,3% E.  È il caso, ad esempio, di molti formaggi, cioccolatini, ecc.

Nessun sistema ha ancora combinato tutte queste diverse dimensioni in un unico logo. Sebbene non possano essere combinate nello stesso algoritmo in modo scientifico, possono essere associate in forma grafica. Questo è il senso della nostra proposta di aggiungere un bordo nero al NutriScore per informare i consumatori in modo complementare che l’alimento è ultra-lavorato.

7) Secondo il Prof. Philippe Legrand – direttore del Laboratorio di Biochimica della Nutrizione Umana dell’Agrocampus-INSERM – l’algoritmo penalizza gli alimenti ad alto contenuto di grassi e non distingue tra i diversi tipi di grassi, alcuni dei quali sono essenziali per la salute umana. Esempio: gli acidi grassi OMEGA 3, definiti “buoni” e necessari per il benessere dell’organismo

Per costruire un logo nutrizionale e perché la sua costruzione sia trasparente per tutti (e verificabile da tutti), è necessario potersi basare sui dati di composizione presenti sulle confezioni degli alimenti: si tratta dei dati resi obbligatori dal regolamento europeo del 2011 e che compaiono nella tabella delle dichiarazioni nutrizionali sul retro delle confezioni degli alimenti. Tuttavia, non si può chiedere a un logo nutrizionale di includere nel suo calcolo informazioni sul contenuto di elementi che non sono inclusi nella tabella. Ad esempio, queste tabelle non includono obbligatoriamente il contenuto di vitamine e minerali, il rapporto tra acidi grassi saturi e insaturi, il contenuto di omega-3 (o altri nutrienti o elementi di interesse come i polifenoli, ecc.). NutriScore (come tutti gli altri loghi nutrizionali del mondo) non “ignora” volontariamente elementi che potrebbero essere interessanti, ma non può prenderli in considerazione per una richiesta di etichettatura regolamentare semplicemente perché questi dati non sono disponibili! Inoltre, questo vale per tutti i loghi nutrizionali, in particolare per il Nutrinform che non include nemmeno questi elementi e che comprende meno nutrienti/elementi nutrizionali rispetto al NutriScore che, da parte sua, prende in considerazione (oltre a zucchero, grassi saturi e sale), il contenuto di fibre, le proteine, la percentuale di frutta e verdura, i legumi, gli oli più favorevoli dal punto di vista nutrizionale. È sorprendente rimproverare a NutriScore di non tenere conto dei diversi tipi di grassi e non rimproverarlo ad altri loghi nutrizionali come Nutrinform, Semaforo Multiplo, Warning (che tengono conto di ancora meno elementi nutrizionali).

Il NutriScore “penalizza” gli alimenti ad alto contenuto di grassi perché sono ad alta densità energetica, e la densità energetica è associata a un consumo eccessivo di calorie e quindi al rischio di sovrappeso e obesità. Ma al di là di questo punto, è in grado – e lo è ancora di più dopo il suo aggiornamento – di discriminare tra gli alimenti in base ai livelli di diversi tipi di acidi grassi. Infatti, se da un lato tiene conto degli acidi grassi saturi nel calcolo, dall’altro prende indirettamente in considerazione il contenuto di acidi grassi polinsaturi. Infatti, tra i grassi aggiunti, quelli con il più alto contenuto di acidi grassi polinsaturi (fino a B nella nuova versione dell’algoritmo che entrerà in vigore nel 2023) sono gli oli di colza e di noce. Anche l’olio d’oliva, ricco di acidi grassi monoinsaturi, sarà classificato come B nell’algoritmo aggiornato. Anche il pesce azzurro, che presenta alti livelli di acidi grassi polinsaturi, viene classificato come A o B nel Nutri-Score, mentre la carne, che contiene più grassi saturi, avrà una valutazione relativamente più bassa.

È vero che il Nutri-Score, come gli altri loghi nutrizionali, non integra direttamente tutti gli elementi nutrizionali di interesse nel suo algoritmo di calcolo (poiché non sono disponibili). Ma in ogni caso, va ricordato che la scelta dei nutrienti e degli elementi presi in considerazione nel calcolo dell’algoritmo del NutriScore si basa su studi scientifici molto solidi e numerosi. Infatti, il calcolo utilizzato per assegnare i punteggi/colori del Nutri-Score si basa su un sistema di profilazione nutrizionale che è stato sviluppato da gruppi di ricerca dell’Università di Oxford, inizialmente per fornire alla Food Standard Agency (FSA) del Regno Unito gli strumenti per stabilire le regole per la regolamentazione della pubblicità televisiva rivolta ai bambini. Il punteggio sviluppato è stato oggetto di un rigoroso processo scientifico durato molti anni, che ha comportato un ampio lavoro per giustificare i nutrienti o gli elementi mantenuti nell’algoritmo, dato il loro noto impatto in termini di salute, e per limitare il numero di elementi grazie a studi di sensibilità per evitare la ridondanza tra gli elementi.

Ad esempio, è stato dimostrato che la considerazione di frutta e verdura nel calcolo dell’algoritmo utilizzato per il NutriScore era un ottimo proxy per le vitamine, come la vitamina C, il beta-carotene, ecc.

Questo lungo lavoro scientifico ha permesso di mantenere nel punteggio nutrizionale complessivo finale solo le voci utili e necessarie corrispondenti ai nutrienti e agli elementi di cui si vuole limitare il consumo e a quelli di cui si vuole promuovere il consumo. Si tratta dei dati di composizione presenti nelle tabelle di etichettatura obbligatorie o nell’elenco degli ingredienti riportato sul retro delle confezioni degli alimenti. Il fatto che i dati compositivi siano disponibili e accessibili a tutti e che si basino su un algoritmo pubblico consente la piena trasparenza e la possibilità per tutti di verificare la corretta assegnazione del colore/lettera del NutriScore.

Occorre però tenere presente che, attraverso le sue deleghe, l’algoritmo tiene conto di molti altri elementi oltre all’elenco di quelli visualizzati per il calcolo.

8) Come vede evolversi il dibattito europeo su questo tema e che tipo di etichetta unica si otterrà?

Solo la scienza dovrebbe guidare le decisioni politiche nel campo della salute pubblica. La scelta di un unico logo nutrizionale armonizzato per l’Europa, come previsto dalla Commissione europea nell’ambito della strategia Farm to Fork, deve rispondere solo a questo requisito, per garantire che tale logo sia favorevole alla salute dei consumatori, che deve essere l’obiettivo principale di una misura di questo tipo.

Da questo punto di vista, NutriScore è l’unico logo nutrizionale di cui sia stata scientificamente dimostrata l’efficacia e il beneficio per i consumatori e la salute pubblica, superiore ad altri loghi esistenti in altri Paesi o sostenuti da gruppi di pressione.

Nel complesso, ci sono forti argomenti a favore della scelta del NutriScore come logo nutrizionale unico e obbligatorio per l’Europa:

i numerosi studi scientifici condotti per diversi anni in circa 20 Paesi che convalidano l’algoritmo alla base del calcolo del NutriScore e la sua efficacia nell’aiutare i consumatori a fare scelte alimentari più sane (compresi studi in supermercati virtuali, negozi sperimentali e supermercati reali). Dal 2014 sono stati pubblicati oltre 100 studi su riviste internazionali peer-reviewed che ne dimostrano l’efficacia e la superiorità rispetto ad altre etichette, in particolare nelle popolazioni svantaggiate,

il recente aggiornamento del NutriScore da parte di un comitato scientifico composto da esperti europei indipendenti dalle lobby agroalimentari, che entrerà in vigore nel 2023 e che consente di migliorare alcune limitazioni identificate del Nutri-Score, per ottenere un migliore allineamento del NutriScore con le raccomandazioni nutrizionali della sanità pubblica e quindi per migliorare ulteriormente le sue prestazioni,

i risultati della recente relazione del Centro comune di ricerca (CCR) della CE (pubblicata nel settembre 2022) che evidenzia come i consumatori, compresi quelli a basso reddito, sembrino preferire etichette frontali semplici, colorate e valutative, più facili da comprendere rispetto a etichette più complesse, non valutative e monocromatiche. NutriScore ha tutte le carte in regola in termini di attributi positivi per quanto riguarda la sua utilità ed efficacia, in quanto è classificato dal CCR come un logo nutrizionale semplice, sintetico, colorato e interpretativo,

i risultati della consultazione pubblica lanciata dalla CE tra dicembre 2021 e marzo 2022 hanno dimostrato che le associazioni dei consumatori, i cittadini, le ONG, le strutture di ricerca e istruzione e le autorità pubbliche sono favorevoli a un logo nutrizionale che fornisca informazioni graduate sulla qualità nutrizionale complessiva degli alimenti (che corrisponde pienamente alle caratteristiche del NutriScore).

il forte sostegno delle associazioni dei consumatori in Europa (tra cui il BEUC, composto da 46 organizzazioni indipendenti di consumatori di 32 Paesi europei) e di ONG come FoodWatch presenti in diversi Paesi europei,

l’adozione formale e l’implementazione in 7 Paesi europei (Francia, Belgio, Germania, Spagna, Paesi Bassi, Lussemburgo e Svizzera) che dimostrano la fattibilità della sua diffusione.

Dario Dongo

Note

(1) https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC6165438/

(2) https://cdn.who.int/media/docs/default-source/healthy-diet/guidingprinciples-labelling-promoting-healthydiet.pdf?sfvrsn=65e3a8c1_7&download=true  https://apps.who.int/iris/bitstream/handle/10665/336988/WHO-EURO-2020-1569-41320-56234-eng.pdf?sequence=1&isAllowed=y

(3) https://ijbnpa.biomedcentral.com/articles/10.1186/s12966-020-01053-z
https://www.mdpi.com/2072-6643/12/5/1303

(4) https://www.mdpi.com/2072-6643/12/8/2307

(5) https://www.sciencedirect.com/science/article/abs/pii/S0749379715007242?via%3Dihub
https://www.sciencedirect.com/science/article/abs/pii/S0007996016300347 https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/31219721/
https://academic.oup.com/erae/article-abstract/47/2/785/5552528?redirectedFrom=fulltext
https://papers.ssrn.com/sol3/papers.cfm?abstract_id=3567974 https://bmjopen.bmj.com/content/11/2/e041196.full

(6) https://www.tandfonline.com/doi/abs/10.1080/09637486.2020.1796932 https://www.tandfonline.com/doi/full/10.1080/09637486.2021.1873918 https://www.mdpi.com/2304-8158/10/12/2958

(7) https://www.mdpi.com/2072-6643/14/17/3511
https://www.lesjfn.fr/programme
https://academic.oup.com/eurpub/advance-article/doi/10.1093/eurpub/ckad002/6994013?login=false

(8) https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC3876974/
https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/17214504/
https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/27802480/

(9) https://publications.jrc.ec.europa.eu/repository/handle/JRC130125

(10) https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/21241532/

(11) https://publications.jrc.ec.europa.eu/repository/handle/JRC130125

(12) https://nutriscore.blog/2021/01/29/ability-of-the-front-of-pack-nutrition-label-nutri-score-to-discriminate-nutritional-quality-of-food-products-in-13-european-countries-and-consistency-with-nutritional-recommendations-austria-belgiu/

(13) https://www.mdpi.com/2072-6643/14/23/5097

(14) https://www.sciencedirect.com/science/article/abs/pii/S0261561420303599

(15) https://academic.oup.com/jn/article/145/10/2355/4616061
https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/26393396/
https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/32878658/
https://www.sciencedirect.com/science/article/abs/pii/S0167527317311221?via%3Dihub

(16) https://www.sciencedirect.com/science/article/abs/pii/S0261561420303599
https://academic.oup.com/ajcn/article/113/5/1301/6155958

(17) https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC6143197/
https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/32938660/

(18) https://ijbnpa.biomedcentral.com/articles/10.1186/s12966-021-01108-9

(19) https://www.iarc.who.int/featured-news/brief2-nutri-score/

(20) https://www.medrxiv.org/content/10.1101/2022.11.18.22282494v1
https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/35923202/

(21) https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/36038180/
https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/33558350/
https://ijbnpa.biomedcentral.com/articles/10.1186/s12966-021-01108-9

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