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Canapa e CBD, il grande caos

Su canapa e CBD, continua a regnare il grande caos. A seguito di contestazioni di reato del tutto prive di fondamento, appare utile chiarire le norme da applicarsi a produzione, trasformazione e vendita di alimenti che contengano Cannabis Sativa L. e suoi derivati.

Cannabis Sativa L. e CBD, il grande caos

La Commissione europea, come chi scrive ha più volte denunciato, è venuta meno al proprio dovere di garantire l’uniformità delle regole nel mercato interno. Dopo una serie di modifiche al proprio documento di indirizzo sull’applicazione del regolamento Novel Foods (reg. UE 2015/2283), peraltro privo di valore giuridico. E una variazione al registro UE degli ingredienti cosmetici (CosIng) che ammette il CBD di sintesi ma non anche quello naturale (!).

In Italia – dopo l’anatema dell’ex-ministro dell’Interno – le Sezioni Unite della Corte di Cassazione hanno pubblicato una sentenza senza capo né coda, già di fatto superata da successiva pronuncia del Tribunale del Riesame di Genova.

Canapa industriale, controlli pubblici alla deriva

I controlli delle autorità di polizia giudiziaria, nel solco del grande caos di cui sopra, proseguono senza tregua, in Italia come in altri Stati membri. Soprattutto nei confronti di imprese agricole e di trasformazione agroalimentare che si cimentano ad applicare con scrupolo le previsioni contenute nella legge 242/16 e altre simili normative nazionali.

Lo scenario è kafkiano, poiché l’ostinazione nella ricerca di illeciti produce un effetto dissuasivo verso quelle stesse iniziative d’impresa che la citata legge aspira a promuovere. Nella prospettiva di rilanciare una filiera agricola sostenibile, radicata in Italia fin dal Medio Evo, in una logica di economia circolare.

Le violazioni di legge sono oltretutto improbabili, allorché le filiere siano basate sulla coltivazione di varietà di canapa iscritte nel Catalogo europeo delle piante ammesse e regolarmente tracciate. Ed è così che si raggiunge il paradosso di assistere alla contestazione di reati inesistenti. Come la fantasmagorica ipotesi di violazione dell’articolo 5 di cui alla legge 283/62, per avere venduto alimenti che naturalmente contengano CBD in quanto realizzati con impiego di infiorescenze di canapa. I quali, nell’ardito teorema accusatorio, si qualificherebbero come Novel Food. È d’uopo fare chiarezza, in 5 punti.

1. Cannabis Sativa L., disciplina europea

La Cannabis Sativa L. ‘greggia, macerata, stigliata, pettinata o altrimenti preparata, ma non filata; stoppa e cascami, compresi gli sfilacciati’ si qualifica come ‘prodotto agricolo’, ai sensi del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea. Figura anche tra le ‘piante industriali’, con riguardo alla produzione di sementi e alle colture.

La coltivazione delle specie botaniche inserite nel Catalogo Unico Europeo delle varietà ammesse (selezionate in ragione del basso tenore della sostanza psicotropa THC) è consentita dalla normativa europea vigente e può beneficiare di aiuti in ambito della PAC (Politica Agricola Comune). (1)

2. Novel Food, disciplina europea

Novel food sono alimenti con strutture molecolari nuove o comunque innovativi nella composizione e/o la struttura, con incidenza su valore nutritivo, il metabolismo o la presenza di ‘sostanze indesiderabili’, privi di una storia di consumo significativo in UE anteriore al 15.5.97. La loro immissione sul mercato interno deve venire autorizzata preventivamente dalla Commissione europea, a seguito di apposita domanda dell’operatore interessato e valutazione del rischio da parte di Efsa (European Food Safety Authority).

Il regolamento (UE) 2015/2283, che ne reca disciplina, esclude tuttavia dal proprio campo di applicazione gli ‘alimenti costituiti, isolati o prodotti da piante o da parti delle stesse (…) che vantano una storia di uso sicuro come alimento nell’Unione e sono costituiti, isolati o prodotti da una pianta o una varietà della stessa specie‘ (art. 3.2.iv).

3. Cannabis Sativa L., inapplicabilità della disciplina Novel Food

Il catalogo europeo dei Novel Food esclude espressamente la Cannabis sativa L. dal campo di applicazione del citato regolamento, rilevando che ‘In the European Union, the cultivation of Cannabis sativa L. varieties is permitted provided they are registered in the EU’s ‘Common Catalogue of Varieties of Agricultural Plant Species’ and the tetrahydrocannabinol (THC) content does not exceed 0.2 % (w/w). Some products derived from the Cannabis sativa plant or plant parts such as seeds, seed oil, hemp seed flour, defatted hemp seed have a history of consumption in the EU and therefore, are not novel’.

Il Ministero della Salute in Italia si era a sua volta già espresso in questa direzione. ‘In molti Paesi, europei e non, la legislazione consente l’utilizzo della cannabis o di sue parti come ingrediente alimentare a condizione che il residuo di tetraidrocannabinolo (THC), sostanza ad azione psicotropa, resti al di sotto di un limite massimo, stabilito a garanzia della sicurezza. Pertanto, secondo la legislazione comunitaria vigente, la cannabis non può essere considerata un nuovo prodotto o un nuovo ingrediente alimentare ai sensi del regolamento (CE) 258/97 sui Novel food’. (Min. Sal., circolare 22.5.09).

4. Estratti di Cannabis Sativa L. e ipotesi di applicazione della disciplina Novel Food

Gli estratti isolati di Cannabis sativa L., in alcuni casi, possono venire considerati Novel Food da parte delle singole autorità nazionali. Laddove non si sia ritenuta raggiunta la prova del loro consumo significativo, quali alimenti ovvero integratori alimentari (o loro ingredienti), prima del 15.5.97. Ci si riferisce ad esempio al cannabidiolo (CBD) estratto mediante solventi, CO2 supercritica, raggi infrarossi. Sebbene, in alcuni Stati membri (es. Ungheria, Bulgaria), esso sia stato riconosciuto come ingrediente tradizionale negli integratori alimentari.

Sono invece sicuramente esclusi dalla qualifica di Novel Food gli estratti della pianta ottenuti con tecniche tradizionali non selettive. Altrettanto escluse sono le sostanze naturalmente contenute nella pianta, sue parti o derivati. Quali ad esempio i cannabinoidi naturalmente contenuti nei semi e l’olio di canapa, il cui impiego negli integratori alimentari è stato autorizzato già nel 2012 con apposito decreto del Ministero della Salute.

5. Cannabis sativa L., la normativa italiana

La  legge 242/2016 – ‘Disposizioni per la promozione della coltivazione e della filiera agroindustriale della canapa’ – ha introdotto una serie di misure volte al sostegno e la promozione della filiera della canapa (Cannabis sativa L). Nel rispetto dei requisiti ivi previsti, postulano la selezione e tracciabilità delle varietà botaniche ammesse e la registrazione presso l’autorità sanitaria dei laboratori officinali dedicati alla lavorazione con destino alimentare (al pari di tutti gli operatori delle filiere di alimenti e mangimi). (2)

I possibili utilizzi dei prodotti derivati dalla canapa comprendono ‘alimenti e cosmetici prodotti esclusivamente nel rispetto delle discipline dei rispettivi settori’ (legge 242/16, art. 2.2). L’utilizzo della canapa a uso alimentare è dunque pienamente legittimo, nel rispetto dei limiti fissati di THC. E le infiorescenze – secondo nota del Ministero dell’Interno 31.7.18 – sono assoggettate a limiti cautelativi di THC (0,05 mg/kg).

La legge 242/16 ammette dunque l’impiego della canapa ad uso alimentare, senza distinguere tra le varie parti utilizzabili.

Dario Dongo

Note

(1) Cfr. TFUE (art. 38 e All. I, v.d. 57.01), reg. UE 1307/13, reg. CE 73/09 et al.

(2) Cfr. reg. CE 852/04 sull’igiene dei prodotti alimentari, articolo 6

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