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Xylella e decreto emergenze, dibattito e petizione

Xylella, un’emergenza democratica. Illegittimità e incostituzionalità dei provvedimenti’. Il 12.4.19 alla Camera dei deputati sono emersi i pericoli insiti nel c.d. ‘decreto emergenze’, laddove si autorizza l’applicazione di misure fitosanitarie drastiche anche sugli ulivi monumentali. Voce agli olivicoltori pugliesi e tanta puzza di bruciato. Una petizione per impedire le deroghe dalle doverose valutazioni d’impatto ambientale.

Decreto emergenze, gli ulivi della discordia a 5 stelle

Sara Cunial (deputata, ex M5S) denuncia a chiare lettere quanto accaduto nei giorni scorsi alla Camera. il decreto emergenza prevede la possibilità di attuare misure fitosanitarie drastiche, ivi compresa la distruzione delle piante monumentali, ‘in deroga a ogni disposizione vigente’ (articolo 8). Un grave attacco a una terra già martoriata.

‘Quello che si sta sdoganando con l’articolo 8 del Decreto Emergenze è un metodo che mette a rischio le libertà e i diritti costituzionali e rende legale ciò che in questi anni è stato definito un crimine di agromafia da ben due rapporti sui Crimini Alimentari stilati dall’Osservatiorio Agromafie.

In Commissione agricoltura è stato deciso a tavolino che il diritto dei cittadini alla salute, alla proprietà privata, alla sicurezza e all’autodeterminazione nonché il principio di precauzione e di sovranità popolare possono essere derogati in caso di fitopatie.

Con il pretesto della gestione Xylella si sta creando così un pericoloso precedente che permetterà di fare tabula rasa del nostro patrimonio agricolo e che potrà essere riproposto in tutto il Paese per necessità, interessi economici e lobbistici.

È arrivato il momento di chiamare le cose con il loro nome. Questo è progetto mafioso, avallato da una parte della politica e da diversi soggetti che sul territorio non vedono l’ora di mettere le mani su quella meravigliosa terra. Una terra che ha già subito molto e che con questo Decreto subirà l’ennesimo e forse letale sfregio’ (Sara Cunial).

Lello Ciampolillo (senatore M5S) aveva ottenuto il comodato d’uso di un terreno che ospitava un ulivo millenario asintomatico soggetto a ordine di abbattimento. Vi ha stabilito una residenza parlamentare nel tentativo di salvare la pianta che è comunque stata abbattuta col favore del buio. ‘Ma è inutile tagliare, perché la Xylella è ovunque’, ha spiegato il senatore. ‘Sta su oltre 300 specie, o distruggi tutto o non la elimini. La storia che se tu hai un albero con l’infezione, tagliandolo e acquistandone un altro ‘certificato come resistente’ è solo una favola. Non è possibile certificare la resistenza. Il risultato è immettere un albero che cambia completamente il paesaggio, ha bisogno di molta più acqua, dura molto poco e produce un olio di qualità scarsa. Una vera follia concentrarsi sui tagli, invece che spendere i fondi europei per sviluppare la ricerca e delle possibili cure.

Il Movimento 5 Stelle si è però dissociato dall’iniziativa della sua deputata, definendola ‘una vera e propria mancanza di rispetto nei confronti del lavoro parlamentare attualmente in corso alla Camera’. E ha successivamente espulso Sara Cunial dal Movimento, per avere ‘osato’ condurre comunque la conferenza stampa, se pure a titolo personale. L’espulsione da M5S era già toccata – a dicembre scorso – a un altro sostenitore dell’agricoltura libera da pesticidi, Saverio De Bonis (presidente dell’associazione Grano Salus). Uno più uno fa due, anzi quattro, come i ‘Big 4 che controllano il mercato globale di sementi e agrotossici. Ma da che parte stanno i 5 (Stelle), tra ‘decreto emergenze’ e ‘decreto fanghi’?

Decreto emergenze, dibattito alla Camera 12.4.19

Laura Margottini (giornalista del Fatto Quotidiano) ha riassunto le contraddizioni che si celano dietro il caso Xylella. L’incertezza scientifica, anzitutto, accompagnata dal millantare risultati che non esistono. I dubbi della scienza sono stati trasformati in certezze da chi li avrebbe dovuti gestire con misure proporzionate e li ha invece strumentalizzati per imporre misure estreme. Con ordini di eradicazione estesi agli ulivi millenari sui quali si basano non soltanto un patrimonio paesaggistico unico al mondo ma anche la vita e la cultura degli abitanti.

Massimo Blonda (biologo, ex direttore scientifico di ARPA Puglia) denuncia l’aspetto più pericoloso del decreto emergenze. La previsione di modifica della normativa che impone la valutazione ambientale strategica di piani e programmi sui territori. Una valutazione indispensabile e imprescindibile che deve precedere – secondo regole europee applicate in Italia dal 2006 – ‘i piani, i programmi e i provvedimenti di difesa fitosanitaria adottati dal Servizio fitosanitario nazionale che danno applicazione a misure fitosanitarie di emergenza.’ (1)

Il ‘decreto emergenze’, così come concepito, consente di derogare a qualsivoglia vincolo ambientale e paesaggistico, senza neppure prevedere una valutazione preventiva dell’impatto delle misure previste. Con l’aggravante di negare l’accesso pubblico ai documenti, la consultazione e l’interazione dei cittadini con la pubblica amministrazione. Gli amministrati sono così totalmente esclusi dalle decisioni prese a tavolino a centinaia e migliaia di chilometri di distanza, sebbene esse incombano sulle loro terre e colture millenarie.

Antonio Onorati (Via campesina e Associazione Rurale Italiana) ha ricordato come l’origine del caso Xylella risalga alla fine degli anni ‘90. Il concetto di ‘emergenza’ è dunque del tutto fuori luogo. Si tratta invece di un grimaldello utilizzato in combinazione con asserzioni a-scientifiche per giustificare decisioni politiche ingiustificabili. I decisori politici trasferiscono così i poteri di sovranità territoriale dal livello locale a quello centrale. Fino a Bruxelles, ove i processi decisionali sono del tutto incontrollabili, di fatto, da parte dei diretti interessati. Si frantuma lo stato di diritto, vanificando i diritti dei contadini alla sovranità sulle loro terre.

Intensivizzazione’ è la parola d’ordine, sulla scia del modello spagnolo. Qualcuno si illude di poter finanziare con i fondi dell’emergenza una trasformazione radicale dell’olivicoltura in Italia. Ma l’ipotesi di applicare il canone ispanico di agricoltura intensiva è fallita in partenza, per due essenziali ragioni:

– orografia e caratteristiche dei territori, biodiversità e tradizioni produttive nell’Italia olivicola sono del tutto incomparabili alla Spagna,

– la frammentazione delle parcelle e delle aziende agricole non può comunque consentire di realizzare economie di scala competitive con quelle spagnole.

Si aggiunga una considerazione di scenario. Sebbene la Spagna sia il primo produttore al mondo, i suoi oli d’oliva sono svalutati come ‘commodities’ e i loro prezzi sono particolarmente esposti alle fluttuazioni e speculazioni dei mercati. Gli extravergine italiani, viceversa, sono tuttora riconosciuti per i valori delle singole cultivar associate a territori e microclimi unici.

Mauro Giordani (Popolo degli ulivi, dottore in scienze agrarie) ha ribadito che il progetto di eradicazione degli ulivi non è casuale. Risponde invece al preciso obiettivo preciso di eliminare gli oliveti tradizionali per lasciare spazio a diversi progetti di sfruttamento del territorio. Come l’intensivizzazione degli uliveti e chissà cos’altro ancora.

Alberi resistenti, ecco le prove

Stefania Gallucci, proprietaria di un oliveto a Squinzano (Lecce) che ha subito due ordinanze di abbattimento, nel 2015, ha condiviso la propria esperienza ‘dal basso. ‘Ci furono notificati due atti, all’improvviso. Il primo ordinava il taglio di 54 olivi. Chiesi subito di vedere i referti di laboratorio che attestassero la xylella sui campi, ma non mi furono forniti. I tempi che avevamo erano ristretti, dovevano tagliare subito gli alberi altrimenti saremmo incorsi in spese per noi insostenibili. In pochi minuti dovemmo affrontare questa scelta. Era il 7 ottobre 2015. Chiesi che almeno mi lasciassero prendere il raccolto, ma la risposta fu negativa.

Il 23 ottobre 2015 mi venne notificato un secondo atto per altri 21 alberi. Per fortuna questi alberi furono salvati da un provvedimento della Procura. Questi alberi sono ancora segnati da una X rossa e dal 2015 sono ancora lì e producono. Può essere che abbiano qualche segno di sofferenza, ma se fosse stata xylella sarebbero morti. I primi 54, a causa del sequestro non furono portati ad eradicazione, sono stati tagliati soltanto alla base del tronco. E tutti i 54 tronchi hanno germogliato, gli alberi non sono morti!

I conti non tornano. Le modalità, la fretta, il fatto che non mi fossero stati dati i certificati di analisi, il fatto che gli alberi fossero identificati da un satellite militare che presenta margini di errore. L’individuazione di un albero rispetto ad un altro non è garantita. Abbiamo chiesto la possibilità di affidare le analisi a un laboratorio privato, ma ci è stato impedito. Dicendoci che i laboratori non possono fare esami, altrimenti andrebbero incontro a sanzioni. Anche questo aspetto non mi sembra democratico, l’impossibilità per il cittadino di verificare le condizioni [poste a base del provvedimento, ndr]. Purtroppo la stampa, quello che abbiamo attorno e vediamo quotidianamente, ci è contro. Abbiamo al nostro fianco la Procura, che conduce un lavoro da eroi, e l’Università.

Abbiamo compreso che questo è un cavallo di troia. Grazie all’emergenza vanno oltre tutti i vincoli ambientalisti che preservano gli alberi monumentali, serviva qualcosa per andare in deroga a queste normative. La trasparenza non c’è e quindi è verosimile che si stia nascondendo qualcosa, che si voglia portare in Italia un’agricoltura che già in Spagna ha devastato intere famiglie e zone, perché richiede grandissime quantità di acqua che noi non abbiamo, sono alberi che andrebbero in produzione subito mentre i nostri hanno bisogno di tempo.

Vivono poco, fanno un prodotto di qualità scarsa, mentre il nostro fa un prodotto che è considerato un farmaco. Vogliono costringerci all’utilizzo di prodotti tossici. Vorrebbero alterare completamente e violentare l’identità del nostro paesaggio. Se la Costituzione dice che la proprietà privata è tutelata dallo Stato perché ha una funzione sociale, non si deve far ricadere solo sulle spalle dei cittadini questa funzione sociale. È evidente che i terreni in questo modo sono assolutamente deprezzati, abbiamo cercato di venderli ma ci hanno proposto prezzi ridicoli. La paura è che si possa tornare a una nuova generazione del latifondo, quel passo in avanti fatto con le riforme agrarie in passato potrebbe essere superato da proprietari che sono multinazionali e che hanno bisogno di poca manodopera. Andando ad alterare completamente il contesto economico, culturale, ambientale di una intera regione.’

La parola alla scienza

Patrizia Gentilini (Associazione Medici per l’Ambiente, ISDE) ha già prodotto diversi documenti scientifici sul tema ed esprime profonda indignazione per quanto sta accadendo. Si credeva di aver toccato il fondo con il decreto Martina, che ha autorizzato l’uso di neonicotinoidi già vietati in Europa, senza alcuna una valida base scientifica. L’art. 8 di questo decreto va a inficiare le basi fondamentali del diritto, della Costituzione, del diritto alla salute e all’informazione. Sulla base di una falsa emergenza, che invece dura da decenni, si intende derogare a tutte queste normative.

Le criticità, mascherate da emergenza, rappresentano la scusa perfetta per derogare alle leggi e portare avanti piani, come la monocoltura, che sono assolutamente il contrario di quanto abbiamo bisogno, cioè un’agricoltura diversa e più rispettosa. Abbiamo già una disseminazione di 100 mila tonnellate di pesticidi sui suoli agricoli italiani e sappiamo bene che essi sono una delle cause di gravi danni alla salute umana.

I pesticidi sono sostanze persistenti che troviamo nei ghiacciai come nei nostri corpi, fino agli spermatozoi. Queste sostanze causano un’alterazione dell’espressione del genoma e le patologie si trasferiscono da una generazione all’altra. Gli ultimi studi dimostrano che il rischio di autismo aumenta del 40% sui bambini nati da donne esposte durante la gravidanzaagli agrotossici piùusate, come il glifosate.

Danni cognitivi e riduzioni del quoziente intellettivo sono solo alcuni dei gravi danni causati ai nostri cari dai veleni utilizzati in agricoltura. È il momento di fermarsi e di riflettere, per affrontare il riscaldamento globale bisogna partire dall’agricoltura. Il suolo è la prima riserva di carbonio organico e uccidendo la sua fertilità uccidiamo anche la nostra.

Decreto emergenze, la petizione per proteggere l’ambiente

ISDE (Medici per l’Ambiente) e Navdanya International hanno appena lanciato una petizione – a cui GIFT (Great Italian Food Trade) aderisce, al fianco del gruppo #NoPesticidi – per chiedere la modifica degli articoli 6 e 8 del ‘decreto emergenze’. Ci si oppone fermamente allo smantellamento delle regole a presidio dell’ambiente. Non si può giustificare l’ecocidio degli ulivi secolari e millenari, né tantomeno la deroga alle valutazioni d’impatto ambientale che devono sempre precedere ogni intervento invasivo sui territori.

Si invitano tutti i nostri lettori a sottoscrivere la ‘lettera ai parlamentari della Repubblica Italiana’ e a darne ampia diffusione, su https://forms.gle/AMaeCfhZT5htvFTT7 

Land grabbing al Meridione, ora #Basta!

Interessi economici, agro-industria, mafia. Terreni aulici già gravemente deprezzati, piccoli agricoltori costretti a vendere a nuovi latifondisti per evitare i costi dell’eradicazione. Patrimoni ambientali millenari sostituiti da colture intensive. Non serve una fervida fantasia per immaginare i più torbidi scenari all’orizzonte nel Tacco d’Italia, pure costretto a subire la TAP.

L’eradicazione di migliaia di ulivi e l’impiego sistemico di pesticidi vengono imposti con misure europee chiaramente inidonee. ‘L’Unione Europea è stata tratta in errore da quanto rappresentato dalle istituzioni regionali con dati impropri sulla vicenda Xylella’, ha dichiarato ai giornali il procuratore capo di Lecce, Cataldo Motta. Tre persone sono tuttora sottoposte a indagini per gravi reati che vanno dalla diffusione colposa di una malattia delle piante alla distruzione e deturpamento di bellezze naturali.

Le piantagioni intensive di ulivi a crescita rapida permetteranno di meccanizzare la raccolta e forse di aumentare le rese. Ma ci faranno rimpiangere il nostro olio, l’alimento-medicinale di cui ancora siamo fieri. Rappresentano quindi un grave pericolo, per l’agricoltura e la biodiversità. Ma i pericoli vanno ben oltre.

È una scelta scellerata come quella che, a inizio degli anni ‘30 del secolo scorso, ridusse l’Italia a importare olio d’oliva per scarsa produzione nazionale. Il fascismo aveva infatti condannato il Mezzogiorno a produrre grano – a esclusivo vantaggio dei pochi possidenti agrari, proconsoli del partito. Un’imposizione di regime, che ora come allora aggraverà gravemente il divario tra Nord e Sud.

Non è la prima volta che il sud Italia subisce il furto delle sue ricchezze in nome di interessi economici depredatori. È evidente il “fallimento dell’Italia verso il suo Sud: fallimento solenne, innegabile, immenso, che dovrebbe rappresentare un caso di coscienza per ogni italiano onesto”. (Gunnar Myrdal, economista svedese).

Francesca della Giovampaola, (giornalista, ‘Bosco di Ogigia’) si occupa di agricoltura sostenibile, sempre in cerca di alternative all’utilizzo di chimica e veleni. Un documentario in via di realizzazione mostrerà i vari risvolti di questa vicenda, nella speranza che i soliti burattinai non possano replicare questo modello per causare altri disastri altrove.

Dario Dongo e Giulia Torre

Foto di copertina di Alberto Mileti

Note

(1) Cfr. d.lgs. 152/06, art. 6.4

Laureata in giurisprudenza, master in European Food Law, si occupa di legislazione agro-alimentare, veterinaria, agricola. Dottoranda alla Scuola per il Sistema Agroalimentare AGRISYSTEM, Università Cattolica del Sacro Cuore, con una tesi in materia di novel food.

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