L’attenzione della stampa e i social network in questi giorni è focalizzata sulla polemica dei sacchetti biodegradabili destinati a frutta e verdura, oltreché ai prodotti ittici, di gastronomia e di farmacia. Proviamo a fare un po’ di chiarezza sul tema.
Borse di plastica, le regole europee
La direttiva europea sulla ‘riduzione dell’utilizzo di borse di plastica in materiale leggero’ mira a diminuire ‘in modo significativo l’utilizzo di borse di plastica in materiale leggero’, nell’ottica di ridurre l’impatto degli imballaggi e dei rifiuti di imballaggio sull’ambiente. (1)
Le borse di plastica sono distinte in ‘materiale leggero’ – di spessore inferiore a 50 micron (come i classici sacchetti della spesa) – e ‘materiale ultraleggero’ (< 15 micron), ‘richieste a fini di igiene o fornite come imballaggio primario per alimenti sfusi’. (2)
Gli Stati membri devono adottare ‘le misure necessarie per conseguire sul loro territorio una riduzione sostenuta dell’utilizzo di borse di plastica in materiale leggero’. A tal fine, possono ricorrere a due opzioni:
– attuare strumenti idonei a ridurre il loro utilizzo, su base annuale (che non dovrà superare le 90 borse pro capite entro fine 2019, 40 entro la fine del 2025), (3) oppure
– assicurare che ‘entro il 31 dicembre 2018, le borse di plastica in materiale leggero non siano fornite gratuitamente nei punti vendita di merci o prodotti, salvo che siano attuati altri strumenti di pari efficacia’. (4)
Le borse di plastica in materiale ultraleggero possono comunque venire escluse dagli obiettivi e strumenti sopra indicati. (5)
Borse di plastica, le regole in Italia
L’Italia è stato il primo Paese in UE a bandire l’utilizzo degli shopper, le tradizionali borse di plastica leggere dei negozi, nel 2011. Provocando così in pochi anni una significativa riduzione del consumo di plastica per produrre sacchetti (-55%, da 200mila a 90mila tonnellate/anno). (6)
Il c.d. decreto legge Mezzogiorno (7) ha definitivamente vietato la commercializzazione delle borse di plastica in materiale leggero. Non anche di quelle più spesse, utilizzate e riutilizzabili come imballaggi per il trasporto delle merci (alimentari e non).
Le borse di plastica (…) non possono essere distribuite a titolo gratuito e a tal fine il prezzo di vendita per singola unita’ deve risultare dallo scontrino o fattura d’acquisto delle merci o dei prodotti trasportati per il loro tramite.
(legge 123/17, articolo 9-bis)
Le buste di plastica in materiale ultraleggero sono altresì assoggettate a obbligo di pagamento da parte dei consumatori, a partire dall’1 gennaio 2018. Il legislatore italiano si è mosso in questa direzione – assieme a quello francese – in anticipo rispetto alle regole europee. Poiché la direttiva in vigore, come si è visto, consente addirittura di escludere i sacchetti ultraleggeri dai programmi di riduzione dell’uso di imballaggi plastici.
Sacchetti biodegradabili, istruzioni per l’uso
I sacchetti bio – secondo quanto prescritto dalla legge – devono essere certificati in quanto biodegradabili e compostabili. (8) Oltreché idonei al contatto con gli alimenti e realizzati a partire da materia prima rinnovabile. (9)
I pubblici esercizi sono obbligati a imporre il pagamento dei sacchetti biodegradabili e a registrare la relativa voce su scontrino di vendita. Rischiando altrimenti sanzioni da 2.500 a 25.000 euro, fino a 100.000 in caso di ingenti quantitativi.
Il venditore può peraltro applicare un prezzo simbolico ai sacchetti bio (es. 0,01 €, un centesimo di euro a busta), quand’anche sottocosto, senza incorrere in alcuna sanzione o restrizione d’alcun tipo. (10)
Il riutilizzo dei sacchetti biodegradabili è teoricamente possibile, ha chiarito il Ministero dello Sviluppo Economico. (11) E tuttavia gli esercizi della Grande Distribuzione Organizzata hanno sicuramente titolo per impedirlo, nell’ambito dei propri sistemi di autocontrollo. Non per l’ostinazione di incassare i centesimi sulle buste bio, ma per prevenire contaminazioni microbiologiche. (12)
Il reimpiego più logico e corretto dei sacchetti è invece quello di ospitare i rifiuti organici destinati all’umido. Con l’accortezza di staccare l’etichetta adesiva di carta utilizzata per registrare il prezzo delle merci, che è infatti utile apporre a margine del lembo superiore delle buste bio (per evitare poi di bucarle).
Eco-logica ed ecologia nel mar Mediterraneo
Il consumo di sacchetti in materiale ultraleggero in Italia è attualmente stimato in 9-10 miliardi di unità. I prezzi dei sacchetti registrati nei supermercati variano tra 0,01 e 0,03 euro. L’impatto di questa legge sulle tasche dei consumatori può quindi venire stimato in 195 milioni di euro, destinati non all’erario bensì alle industrie di produzione dei relativi polimeri e imballaggi. (14)
Dal punto di vista dei consumatori, il costo annuale dei sacchetti bio per famiglia può variare tra i 4 e i 12 euro. (15) A cui corrisponde tuttavia un risparmio sull’acquisto delle buste per i rifiuti organici, i cui costi sono ben superiori ai sacchetti biodegradabili ora imposti per legge.
L’Italia ha fatto un passo avanti, e per una volta forse v’è più da rallegrarsi che polemizzare. Ricordando che il Bel Paese vanta circa 7.500 km di coste e che i sacchetti di plastica rappresentano almeno il 3,5% dei rifiuti sulle spiagge del Mediterraneo. Come rilevato nella più grande campagna di monitoraggio mai eseguita – su 105 spiagge in 8 Paesi, tra il 2014 e il 2017 – sotto il coordinamento di Legambiente. (16)
25 sacchetti di plastica ogni 100 metri di spiaggia sono stati censiti dai volontari, quale livello medio dell’inquinamento marino nell’Europa mediterranea. Se la media sulle spiagge italiane è inferiore – 15 buste di plastica su 100 m di spiagge – lo si deve probabilmente al divieto degli shopper nel 2011, più che a uno spiccato senso civico della nostra cittadinanza.
Le polemiche vanno perciò indirizzate verso i politici che in Europa come in Italia si ostinano a non adottare misure verso la prima causa di inquinamento da plastica dei mari nel mondo, le bottiglie monouso. Greenpeace in questa direzione è molto attiva, ma Big Drink e i suoi accoliti nelle stanze del potere non rispondono.
Dario Dongo
Note
(1) Cfr. dir. 2015/720/UE, su http://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/HTML/?uri=CELEX:32015L0720&qid=1515013555411&from=EN
(2) V. direttiva citata, articolo 1
(3) Ad esempio, mediante strumenti come la restrizione o divieto d’impiego di tali borse nei diversi contesti,
(4) V. dir. 2015/720/UE, articolo 1
(5) Idem c.s.
(6) Fonte Legambiente
(7) Cfr. D.L. 91/17, convertito con modifiche in legge 123/17. Si veda l’articolo 9-bis, su http://www.gazzettaufficiale.it/eli/id/2017/08/12/17A05735/sg
(8) Secondo norma tecnica UNI EN 13432:2002
(9) La materia prima rinnovabile deve oggi rappresentare almeno il 40% del totale (il 50% dal 2020, il 60% dal 2021)
(10) Il Ministero dello Sviluppo Economico, con propria circolare 7.12.17, ha espressamente chiarito la non applicabilità ai sacchetti bio della disciplina delle vendite sottocosto
(11) V. circolare Mi.S.E. 7.12.17
(12) Immettere e utilizzare nel reparto del fresco sacchetti non igienizzati può infatti comportare il transito di comuni batteri patogeni come la salmonella, tuttora tra le prime cause di allerta in UE
(13) Dati Assobioplastiche
(14) Novamont, che ha brevettato il Mater-Bi e controlla in Italia il mercato delle bioastiche, ma anche un altro centinaio di imprese italiane, tra le altre
(15) Stima su base dati Gfk-Eurisko, considerata una media di 139 spese annuali con impiego di 3 sacchetti bio in ogni occasione, e così 417 sacchetti, a costo variabile tra 1 e 3 centesimi
(16) V. rapporto Marine Litter, Legambiente, su (https://www.legambiente.it/marinelitter/
Dario Dongo, avvocato e giornalista, PhD in diritto alimentare internazionale, fondatore di WIISE (FARE - GIFT – Food Times) ed Égalité.