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Pesticidi, antibiotici e ormoni nel latte USA, lo studio. Urge l’etichetta di origine

Agrotossici e OGM fuori controllo, clonazioni, ormoni di sintesi, farmaci veterinari proibiti in Europa e bovini nutriti con farine animali. Il ‘sogno americano’ inseguito dai burattini politici europei con TTIP, CETA e Mercosur porterà questo e altro sulle nostre tavole. Anche il latte contaminato. Una conferma dal recente studio dell’Università di Emory (Georgia, USA). (1) Urge l’etichetta d’origine.

Latte, perché e soprattutto quale?

Il consumo di latte è stato finalmente sdoganato dalla comunità scientifica internazionale nel più ampio studio di coorte mai realizzato. Il c.d. Worldwide Study, pubblicata su The Lancet nel 2018, è stato condotto in 21 Paesi dei 5 continenti, su 136.684 individui in età 35-70, le cui condizioni di salute sono state seguite per 9 anni. (2)

Il latte è stato definito un vero e proprio ‘nutriente’, con il duplice vantaggio di offrire una significativa quantità di nutrienti (es. proteine, sali minerali e vitamine e) con un apporto energetico relativamente basso. (3) Solida letteratura scientifica associa al suo regolare consumo la salute delle ossa, grazie alla ricchezza di calcio. A ciò si aggiungono ulteriori virtù, legate anche alla presenza di proteine e grassi (anche insaturi), vitamina D e altri micronutrienti. Può dunque essere un ingrediente di salute, nell’ambito di una dieta sana ed equilibrata. Ma c’è latte e latte.

Latte di stalla e ‘latte d’erba’ biologico presentano differenze sostanziali. Non solo dal punto di vista del benessere animale, ma anche in termini di qualità organolettiche e compositive. Una recente meta-analisi, pubblicata nel 2016 sul British Journal of Nutrition, suggerisce miglioramenti sostanziali nella composizione del grasso del latte bio, decisamente più ricco di acidi grassi polinsaturi (PUFA). (4) Più Omega 3, rapporto ideale tra Omega 3 e Omega 6, presenza di CLA, maggiori quantità di antiossidanti, vitamine e minerali.

Le vacche da latte allevate con metodo biologico assumono più erba rispetto a quelle sottoposte ad allevamenti intensivi. Al pari degli esseri umani, chi mangia meglio e si muove regolarmente gode di migliore salute. Una logica semplice e tuttavia non scontata, altrimenti il latte convenzionale sarebbe già scomparso dagli scaffali. È a maggior ragione necessario aiutare il consumatore a comprendere il valore del latte vero, affinché l’eccezione possa divenire la regola dell’offerta sul largo consumo. Poiché la salute è un diritto di tutti – da non riservare alle élite che frequentano le ‘oreficerie del biologico’ – tutti devono sapere dove e come, con quali cibi l’animale è stato allevato. Soia OGM, #buycott.

Latte convenzionale, l’incubo americano

Lo studio dall’Università di Emory, realizzato con il supporto di The Organic Center, ha analizzato 8 marche di latte, convenzionale e biologico. La rappresentatività del campione è stata assicurata mediante raccolta delle stesse referenze (confezioni da mezzo gallone, 1,9 litri) nei supermercati delle 9 regioni USA. Con l’obiettivo di indagare le differenze tra le due categorie di alimenti. Analizzando, in particolare, i residui di pesticidi, antibiotici e ormoni.

Residui di antibiotici sono stati rilevati nel 60% dei campioni di prodotto convenzionale ma in nessuno di quelli biologici. Con un’aggravante di non poco conto, il rilevamento di di sulfametazina e sulfatiazolo – farmaci veterinari vietati anche in USA da parecchi anni – nel 37% e nel 26% dei latti di stalla. A riconferma di quanto chi scrive (Dongo) ha sempre denunciato, l’inadeguatezza del diritto alimentare d’oltreoceano a garantire la salute pubblica e il benessere animale. (5)

Pesticidi – tra i quali clorpirifos, atrazina (vietata in Italia da un quarto di secolo!) e permetrina – sono stati trovati in quote che raggiungono il 60% dei campioni di latti convenzionali. Nel 59% dei campioni sono emersi anche residui dei pesticidi clorurati, sebbene anche in USA sottoposti a limiti. La fonte dell’inquinamento va evidentemente ricondotta agli agrotossici largamente impiegati in soia OGM e cereali somministrati alle mucche da latte. Ed è utile rammentare come la residuazione di tali sostanze negli alimenti possano esporre i consumatori a diversi livelli di intossicazione, ivi comprese le alterazioni del microbioma. I latti bio sono invece risultati esenti.

Gli ormoni della crescita sono stati trovati nel latte convenzionale in misura superiore di 20 e 3 volte in confronto al biologico, rispettivamente, per l’ormone della crescita bovino (bGH) e il fattore di crescita insulino-simile (IGF1). La legislazione USA, si noti bene, non prevede alcun limite ai residui di ormoni nelle carni e nel latte. Se pure la letteratura scientifica ne dimostri la pericolosità per la salute umana, con sicura alterazione del sistema endocrino e rischi che includono acromegalia (bGH) e tumori al seno (IGF1). (6)

#Buycott e origine obbligatoria, origine carni

I porti italiani ed europei sono già stati aperti a carichi di carni, latti e loro derivati che derivano da filiere malate e insostenibili. A causa dei trattati tossici già conclusi dalla Commissione Juncker, con l’avallo dei politicanti italiani dei due ultimi governi. Il #Buycott di soia OGM (anche laddove usata nei mangimi dei nostri animali da reddito), olio di palma e carni d’oltreoceano è necessario ma non sufficiente. Carni e latti contaminati di provenienza americana possono infatti venire importati, in condizioni di dumping socio-ambientale, e finire nei nostri piatti senza che i consumAttori ne abbiano notizia.

Servono nuove regole, per garantire la trasparenza dell’informazione e così la capacità dei consumatori di eseguire scelte informate d’acquisto e nutrizione:

– indicazione obbligatoria in etichetta di tutti o prodotti alimentari dell’origine e/o provenienza di latte e carne impiegati come ingredienti di altri cibi. La Commissione Juncker, si ricorda, aveva già rigettato tale ipotesi, raccogliendo vibranti (bensì vacue) proteste del Parlamento europeo, nella precedente legislatura,

origine obbligatoria delle carni servite dalle collettività (es. ristoranti, trattorie, fast food e take-away, mense, catering). Non è un caso la sostanziale coincidenza, in Italia, tra il consumo di carni non italiane e quello dei pasti fuori casa. I consumatori italiani, a giusto titolo, si fidano più della zootecnia italiana e devono poter sempre sapere da dove arrivano le carni sui loro piatti.

La prima regola deve venire stabilita dalla Commissione europea, per rispondere alle ripetute istanze del Parlamento ma anche ai timori dei cittadini, come rilevati nel rapporto di Efsa ed Eurobarometro 7.6.19. La seconda invece spetta al legislatore nazionale, poiché rimessa dal ‘Food Information Regulation’ alla legislazione concorrente. (7) Abbiamo già sollecitato gli ex-ministri dell’agricoltura Maurizio Martina e Gian Maria Centinaio, inutilmente. Torneremo alla carica e insisteremo, senza tregua, fino a quando non vedremo il decreto in Gazzetta Ufficiale. Viene solo da chiedersi che fine abbiano fatto i sedicenti paladini della filiera agricola italiana e dei consumatori, ciascuno forse troppo distratto a lucidare le proprie poltrone.

Sovranità alimentare. #Égalité!

Dario Dongo e Marta Strinati

Note

(1) Jean A Welsh, Hayley Braun, Nicole Brown, Caroline Um, Karen Ehret, Janet Figueroa, Dana Boyd Barr. (2019). Production-related contaminants (pesticides, antibiotics and hormones) in organic and conventionally produced milk samples sold in the USA, Cambridge University Press https://doi.org/10.1017/S136898001900106X

(2) Dehghan M., Mente A., Rangarajan S., Sheridan P., Mohan V., et al., on behalf of the Prospective Urban Rural Epidemiology (PURE) study investigators. (2018). Association of dairy intake with cardiovascular disease and mortality in 21 countries from five continents (PURE): a prospective cohort study. Lancet 2018; 392: 2288–97. http://dx.doi.org/10.1016/S0140-6736(18)31812-9

(3) Per il latte di vacca intero pastorizzato, rispettivamente, 64 kcal / 100 g (intero), 46 kcal (parzialmente scremato), 36 kcal (scremato). 76 kcal il latte di capra, 103 quello di pecora. Fonte: banca dati CREA, ex INRAN, su http://nut.entecra.it/646/tabelle_di_composizione_degli_alimenti.html?alimento=latte&nutriente=tutti&categoria=tutte&quant=100&submitted1=TRUE&sendbutton=Cerca

(4) Dominika Średnicka-Tober, Marcin Barański, […], and Carlo Leifert. (2016). Higher PUFA and n-3 PUFA, conjugated linoleic acid, α-tocopherol and iron, but lower iodine and selenium concentrations in organic milk: a systematic literature review and meta- and redundancy analyses. Br J Nutr. 2016 Mar 28; 115(6): 1043–1060. doi: 10.1017/S0007114516000349

(5) Si veda anche l’apposito capitolo dell’ebook ‘Sicurezza alimentare, regole cogenti e norme volontarie’, su https://www.greatitalianfoodtrade.it/libri/sicurezza-alimentare-regole-cogenti-e-norme-volontarie-il-nuovo-libro-di-dario-dongo

(6) Silvana Duran-Ortiz, Alison L. Brittain, and John J. Kopchick. (2017) The impact of growth hormone on proteomic profiles: a review of mouse and adult human studies. Clin Proteomics. 2017; 14: 24. doi: 10.1186/s12014-017-9160-2. Suren Sarkissyan, Marianna Sarkissyan, […], and Jaydutt V. Vadgama. (2014). IGF-1 Regulates Cyr61 Induced Breast Cancer Cell Proliferation and Invasion. PLoS One. 2014; 9(7): e103534. doi: 10.1371/journal.pone.0103534

(7) V. reg. UE 1169/11, articolo 44

Marta Strinati

Giornalista professionista dal gennaio 1995, ha lavorato per quotidiani (Il Messaggero, Paese Sera, La Stampa) e periodici (NumeroUno, Il Salvagente). Autrice di inchieste giornalistiche sul food, ha pubblicato il volume "Leggere le etichette per sapere cosa mangiamo".

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