CETA, il governo italiano approva la ratifica e il recepimento dell’accordo transatlantico di libero scambio. Con effetti nefasti.
Manovre silenziose
Tra le righe del copioso comunicato stampa governativo del 24 maggio 2017 (1) si annida la notizia che ‘il Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale Angelino Alfano, ha approvato un disegno di legge di ratifica ed esecuzione (…) dell’Accordo economico e commerciale globale tra il Canada, da una parte, e l’Unione europea e i suoi Stati membri, dall’altra, con allegati, definito a Bruxelles il 30 ottobre 2016, e il relativo strumento interpretativo comune.‘
Sotto il silenzio assordante dei quotidiani di regime – che distraevano i lettori coi dibattiti sui vaccini obbligatori e la riforma elettorale – il governo italiano ha dato il via libera al CETA. Un trattato onnicomprensivo che, come abbiamo già denunciato , tradisce ogni tutela finora riconosciuta alle produzioni alimentari Made in Italy.
CETA, valanga sul Made in Italy
A partire dalla Convenzione di Stresa del 1951, su ‘l’uso delle designazioni d’origine e delle denominazioni dei formaggi‘ (2) – passando per l’Organizzazione Comune dei Mercati e i regimi di tutela delle Indicazioni Geografiche (3) – i Paesi del vecchio continente si sono cimentati nella salvaguardia delle produzioni agroalimentari caratteristiche. Mediante definizione di appositi disciplinari produttivi, vincolati a territori e tradizioni, e riconoscimento di diritti esclusivi di utilizzo delle rispettive Indicazioni Geografiche.
In nome del ‘partenariato’ transatlantico, coloro che asseriscono di rappresentare gli interessi dell’Europa hanno rinunciato a proteggere i suoi prodotti tradizionali. Al punto di accontentarsi di un riconoscimento parziale e velleitario di 41 DOP e IGP su 291, per quanto attiene all’Italia. Ma non è tutto.
Rischi per sicurezza alimentare e benessere animale
La sicurezza alimentare e il benessere animale, oltreché la salute dei cittadini, la tutela dei lavoratori e dell’ambiente, hanno raggiunto in Europa i più elevati standard di garanzia. Grazie a enormi sforzi e investimenti per parte pubblica e privata, i quali oggi vengono a loro volta sacrificati sull’altare del neoliberismo.
Si prenda l’esempio delle carni. La zootecnia italiana 4.0 , con la Carta di Padova , propone all’Europa di allineare i registri digitali al proprio livello. Per garantire la disponibilità in tempo reale di anagrafica animale e cartella clinica elettronica, condizioni di salute e trattamenti, benessere dei singoli capi. Promuovendo l’uso corretto dei medicinali, nel già ristretto ambito dei principi attivi autorizzati, e la farmaco-vigilanza.
L’esempio delle carni, cloro ormoni e clonazione
Al di là dell’Atlantico la situazione è, per così dire, ‘un po’ diversa’:
– le carenze igieniche negli allevamenti di pollame trovano estremo rimedio nel lavaggio delle carcasse con soluzioni a base di cloro,
– gli ormoni di sintesi sono sistematicamente applicati ai c.d. animali da reddito, i quali vengono altresì ‘dopati’ con farmaci il cui impiego in Europa è vietato da decenni, (4)
– la clonazione è priva di regole su registrazione ed etichettatura, così che le carni derivate dalla progenie di animali clonati possono venire liberamente immesse sul mercato senza che nessuno ne possa venire a conoscenza.
Il dumping sanitario – oltreché ambientale e sui diritti dei lavoratori – colpirà dunque non solo le nostre filiere, ma anche la salute dei consumatori che il legislatore europeo si era fino ad ora premurata di assicurare.
In attesa di vedere cosa faranno coloro che occupano le poltrone di Montecitorio e Palazzo Madama, cui il disegno di legge per l’approvazione del CETA è stato inoltrato, prepariamoci a resistere.
Dario Dongo
Note
(1) Cfr. http://www.governo.it/articolo/comunicato-stampa-del-consiglio-dei-ministri-n-31/7447
(2) V. https://www.admin.ch/opc/it/classified-compilation/19510137/200503290000/0.817.142.1.pdf
(3) L’Italia è il primo Stato europeo per riconoscimenti di prodotti agroalimentari tradizionali (con 291 tra DOP, IGP, STG) e vini tipici (con 523 DOCG, DOC, IGT)
(4) Sostanze anabolizzanti come i farmaci cortisonici e i ‘β-agonisti’, es. ractopamina. Il consumo di carni da animali trattati con ormoni steroidei anabolizzanti è associato ad alterazioni del sistema riproduttivo degli individui che le consumano e della loro progenie. Come documentato in diversi studi scientifici. V. https://www.ncbi.nlm.nih.
Dario Dongo, avvocato e giornalista, PhD in diritto alimentare internazionale, fondatore di WIISE (FARE - GIFT – Food Times) ed Égalité.