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Camerun. Olio di palma, rapina delle terre e deforestazioni. #Buycott!

In Camerun – come in vari altri Paesi a latitudine tropicale, dal Sud Est asiatico al Centro e Sud America, passando per l’Africa Centrale (1) – i palmocrati proseguono la rapina delle terre e le deforestazioni. Le inchieste di The Oakland Institute, Greenpeace, ReAct. #Buycott!

Il vero costo dell’olio di palma

L’olio di palma è tuttora il grasso vegetale più utilizzato al mondo. È molto economico e la sua consistenza è ideale per preparare alimenti ultraprocessati, in prevalenza junk-food. Ma anche cosmetici, detergenti e soprattutto biodiesel.

Il vero costo di questo grasso tropicale non si vede a scaffale. In Europa si può solo annotare come il palm oil sia spesso presente nel cibo-spazzatura, il quale rappresenta il 68% dell’offerta alimentare rivolta ai nostri giovani. Il suo costo ‘invisibile’ è perciò legato all’obesità, che in Italia colpisce 1 minore su 4. E alle malattie correlate, c.d. Non-Communicable Diseases (NCDs), dal diabete alla steatosi epatica.

Il costo più grave viene però esternalizzato – dai palmocrati e i loro colossali clienti – nei Paesi di produzione, sulle popolazioni che vengono strappate con la violenza dalle loro terre. Il costo dei diritti umani fondamentali profanati mediante la rapina delle terre, c.d. land grabbing. Che va a sommarsi con il costo dell’emergenza climatica di cui il palma è responsabile primario, assieme alla soia OGM. A causa della devastazione di foreste primarie, incendi ed emissioni di gas-serra. (2)

Camerun, neocolonialismo e deforestazioni. Herakles Farms (USA)

Herakles Farms – Corporation di proprietà del fondi di investimenti Blackstond (USA), dedita alla produzione di olio di palma e legname – opera in Camerun dal 2009. Allorché ottenne, attraverso la sua controllata SG Sustainable Oils Cameroon (un nome, un programma), una concessione del governo locale a sfruttare per 99 anni 73.000 ettari di foresta primaria nel Sud-Ovest del Paese. Una superficie di poco inferiore alla provincia di Lodi (78.299 ha), ove insistono numerosi insediamenti umani, sarebbe stata deforestata per l’estrazione e il commercio di legname. E il successivo impianto di monocolture di palma da olio.

Le popolazioni locali hanno tuttavia denunciato di aver subito l’esproprio delle proprie terre senza venire preventivamente consultate, né avere prestato il loro consenso, né avere ricevuto alcuna compensazione. A seguito delle proteste, che hanno raccolto l’attenzione della stampa e di alcuni think-tank internazionali, nel 2013 la concessione è stata ridimensionata a 20.000 ha, con con scadenza al 2016. Anche a seguito della rilevazione, da parte dello Independent Observer of Forestry Control (istituito in Camerun grazie a finanziamenti UE), di attività illegali di deforestazione di Herakles Farms.

I conflitti sulle terre e gli episodi di violenza subiti dagli abitanti dei villaggi sono esacerbati gli accordi segreti raggiunti da Herakles Farm con alcuni capi villaggio. Accordi raggiunti mediante intimidazioni, violenze e corruzione, secondo il rapporto di febbraio 2013 del Cameroonian Ministry of Forestry and Wildlife and the Programme for Sustainable Management of Natural Resources.

Il rapporto ‘Herakles exposed, di Greenpeace e The Oakland Institute, rivela la falsità dei dati su cui si basano le concessioni e l’inadempimento della Corporation agli impegni assunti nei confronti delle popolazioni locali. (3) Le rilevazioni topografiche e gli studi prodotti dai ricercatori hanno infatti smentito l’assunto secondo cui le aree fossero coperte da foresta secondaria (cioè già disboscata), trattandosi invece di foresta vergine primaria. Uno dei paradisi della biodiversità più importanti al mondo. La foresta pluviale in Camerun ospita infatti decine di migliaia di specie di alberi, rettili, uccelli e mammiferi. Alcuni di questi a grave rischio di estinzione, come lo scimpanzé nigeriano.

Le intimidazioni e violenze sulle popolazioni hanno a loro volta condotto a numerose azioni giudiziarie e in alcuni casi a condanne e inibizioni della sussidiaria della Corporation e dei suoi sub-contractors. I quali tra l’altro, in barba agli impegni contrattuali, non hanno neppure compensato gli espropri di terra con la creazione di infrastrutture e opportunità di lavoro.

Camerun, neocolonialismo e deforestazioni. Socfin (Gruppo Bolloré, Lussemburgo – Francia)

Il gruppo francese Bolloré controlla con il 38,7% delle quote la Socfin. Una Corporation basata in Lussemburgo, iscritta a RSPO, che gestisce circa 200 mila ettari di piantagioni di palma da olio e albero della gomma tra Africa centrale e Asia. A maggio 2019 una serie di manifestazioni contro le sue attività in Camerun sono state condotte nello stesso Paese – da parte delle comunità locali, rappresentate dalla ONG Synaparcam (Synergie Nationale des Paysans Et Riverains du Cameroun) – nonché in Lussemburgo, Francia e Belgio.

Socfin opera in Camerun attraverso due compagnie locali. La Safacam, fondata nel 1897 e acquisita da Socfin nel 2014, che detiene una concessione di oltre 15.000 ettari. E la Socapalm, costituita nel 1968 dal governo del Camerun e acquisita da Socfin nel 2000, a seguito di privatizzazione, che a sua volta dispone di 58.000 ettari.

Le manifestazioni del maggio camerunese sono iniziate a causa della mancata restituzione ai cittadini di 20.000 ettari di terreno. Ma i problemi sono ancor più gravi. Socfin ha deviato e sottratto alcuni corsi d’acqua che garantivano la water security, oltre a fornire pesce. Ha inquinato i bacini idrici con erbicidi e pesticidi – come glifosato e 2.4-D – senza neppure rispettare i confini tra le piantagioni e le case, così da privare gli abitanti anche dei fazzoletti di terra usati per produrre il cibo necessario alla famiglia.

Aggressioni e violenze, minacce e intimidazioni nei confronti delle donne – da parte delle guardie armate che sorvegliano le piantagioni, per conto di un sub-contractor delle società locali di gruppo Socfin – sono state altresì denunciate. Come pure la profanazione dei domini ancestrali, i luoghi sacri ove sono seppelliti gli antenati. E ancora una volta, ça va sans dir, l’inottemperanza agli impegni di sostenere le comunità locali con infrastrutture, istruzione e lavoro. La situazione è ampiamente descritta nel rapporto ‘Développement insoutenable’ di ReAct. (4)

1% contro 99%, la filiera dell’olio di palma

Olio di palma uguale abusi dei diritti umani fondamentali, omicidi e violenze, rapina delle terre e schiavitù minorile. Oltre agli ecocidi, nelle poche oasi di biodiversità finora sopravvissute all’uomo-predone. Con le complicità di governi e amministrazioni locali nei Paesi del Sud del mondo, nonché le connivenze della politica e la finanza del Nord.

È grottesco attestare che le società del magnate Bolloré rubino persino la terra attorno alle case, oltre ai villaggi e i cimiteri, di esseri umani già al di sotto della soglia di povertà. Pensando poi che alcuni di essi – non per sete di ricchezza ed edonismo ma per disperazione ed esigenza di sfamare le proprie famiglie – decidono poi di rischiare la vita per traversare il Sahel, il Sahara e l’Africa. Per venire ‘bollati’ non come vittime del neocolonialismo occidentale, bensì come ‘migranti economici’.

Reagire è doveroso. Ai nostri lettori, ancora una volta, l’invito a sottoscrivere e promuovere la petizione #Buycott! Olio di palma, soia OGM e carni del continente americano, seguendo il link https://www.egalite.org/buycott-petizione/. #NonInNostroNome. È fondamentale astenersi dall’acquisto di qualsivoglia prodotto alimentare o cosmetico che contenga olio di palma, per interrompere la domanda di questo grasso immondo di sangue, fuoco e veleni.

Dario Dongo e Alessandra Mei

Note

(1) V. precedenti articoli su land grabbing e olio di palma in Congo e in Gabon

(2) Su rapina delle terre ed emergenza climatica, si veda anche quanto riferito nel rapporto 8.8.19 di IPCC (Intergovernamental Panel on Climate Change). Le recenti inchieste su incendi legati al palm oil in Indonesia e Borneo, si vedano gli articoli https://www.greatitalianfoodtrade.it/consum-attori/indonesia-incendi-e-olio-di-palma-certificato-rspo-rapporto-greenpeacehttps://www.greatitalianfoodtrade.it/consum-attori/borneo-in-fiamme-per-l-olio-di-palma-il-report-cnn-buycott

(3) Cfr. The Oakland Institute, Greenpeace (2019). Herakles Exposed,

(4) https://www.projet-react.org/fr/rapport-de-developpement-insoutenable/

(5) Altre notizie sugli abusi di Bolloré in Africa sono offerte anche dal Financial Times. V. https://www.ft.com/content/afad0d44-4946-11e8-8ee8-cae73aab7ccb

Alessandra Mei

Laureata in Giurisprudenza all'Università di Bologna, ha frequentato il Master in Food Law presso la stessa Università. Partecipa alla squadra di WIISE srl benefit dedicandosi ai progetti europei e internazionali di ricerca e innovazione.

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