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Grani antichi, identità e certificazioni

Il crescente interesse dei consumatori italiani verso i  grani antichi  ha consentito ai prodotti da essi derivati di raggiungere in pochi anni gli scaffali della GDO (grande distribuzione organizzata). Un fenomeno di cui rallegrarsi, nella misura in cui siano effettivamente preservate l’identiità delle  cultivar  e la  sostenibilità  delle filiere agricole locali. A tal fine è utile considerare l’opportunità di ricorrere a  certificazioni  o a tecnologie innovative come la  blockchain, per meglio garantire l’autenticità dei prodotti.

Grani antichi, basta la parola?

L’agricoltura contadina  – in diverse Regioni d’Italia, a partire dalla Sicilia  – ha investito sull’agroecologia. Recuperando popolazioni di frumento con origini storiche e identità distinte, non soggette a evoluzioni  genetiche  tramite incroci bensì  adattate  localmente, grazie a  sistemi agricoli tradizionali con impronta ecologica addirittura negativa, cioè benefica per l’ambiente.

I consumAttori più attenti  hanno seguito questo percorso fin dal suo nascere, tra non poche difficoltà. Apprezzando sia il recupero delle tradizioni agronomiche, spesso ancorate al metodo  biologico, sia il legame coi territori. Ma anche l’idea di una sinergia virtuosa tra eco-agricoltura, sapori e salute. Al punto da considerare i grani antichi, non senza ragioni, quali veri e propri  superfood. E ancora una volta come sempre i consumatori, veri protagonisti del mercato, hanno trainato la domanda verso il  mass market.

Una possibile criticità  risiede tuttavia nell’incertezza su identità e provenienza delle materie prime da cui origina una crescente schiera di referenze. Tanto più considerato che ricorrono, in questo ambito del settore cerealicolo, due fattori di rischio di frodi alimentari. Il repentino sviluppo del mercato e la carenza di regole di dettaglio. La parola magica in etichetta, di conseguenza, può non bastare.

Metodi d’indagine scientifica

L’indagine sulle varietà  di frumento utilizzate, antiche o moderne, è particolarmente complessa laddove le matrici di analisi consistano in prodotti derivati da farine e semole. La letteratura scientifica segnala come i grani antichi abbiano un indice di glutine inferiore a quelli moderni, le farine una minore forza (W). Questi parametri trovano tuttavia alcune eccezioni e non possono perciò venire considerati ottimali per un confronto univoco e definitivo. Alcuni studi offrono ulteriori spunti analitici, i quali peraltro postulano la disponibilità di specifiche attrezzature di laboratorio.

Lo studio  di un gruppo di ricercatori dell’Università di Catania, pubblicato nel 2011 sul  Journal of Agricultural and Food Chemistry, ha mostrato la capacità di identificare la varietà antica di frumento ‘Timilia’, analizzando le molecole proteiche della semola. (2) I ricercatori dell’Università di Bari a loro volta, nel 2016, sono riusciti a misurare la quantità di semola di ‘Timilia’ nel pane nero di Castelvetrano, grazie alla tecnica di DHPLC (Denaturing High Performance Liquid Chromatography). (3) L’Istituto di Biologia e Biotecnologia Agraria di Milano, nella ricerca poc’anzi pubblicata su  Food Chemistry, ha poi realizzato la possibilità di determinare le differenze nella composizione degli alimenti, sulla base delle ‘impronte digitali’ del DNA dei vari cereali. (4)

Rintracciabilità  e registrazioni, controlli  e  garanzie

La rintracciabilità  di base – che comporta il dovere di registrare i propri fornitori e gli acquirenti (esclusi i consumatori finali) delle singole derrate – è prescritta a ciascun operatore della filiera da 14 anni ormai. (1) Ma la sola verifica documentale non basta a sventare frodi che possono venire realizzate mediante sostituzione, anche solo parziale, dei cereali impiegati. E la verifica a posteriori della loro identità, su farine e semole, è obiettivamente complessa. Le ricerche sopra richiamate evidenziano infatti la necessità di metodi scientifici sofisticati che non risultano nella diretta disponibilità delle autorità di controllo.

La registrazione delle varietà  dei grani antichi nel Registro Nazionale delle Specie da Conservazione, da parte degli agricoltori, rappresenta un primo argine all’incertezza. Nella prospettiva di garantire la tracciabilità completa di prodotti finali che derivino soltanto da semi certificati, sottoposti al controllo del CREA e dei Servizi Fitosanitari. Anche questo passo fondamentale, tuttavia, non è sufficiente a garantire il consumatore circa l’effettiva provenienza della materia prima. A fronte del concreto rischio di sostituzioni dei grani antichi con grani comuni (di valore commerciale inferiore e magari anche prestazioni superiori, nella tecnologia alimentare industriale).

La strada maestra  finora seguita si basa sui rapporti di fiducia  tra produttori e consumatori, nelle filiere corte e soprattutto ‘colte’. Ma il recente ingresso di grandi operatori industriali e della GDO ha complicato lo scenario.  La carenza di dati ufficiali e statistiche sulla produzione agricola in questo ambito, oltretutto, rende impossibile il raffronto con i quantitativi di prodotti in commercio.

La garanzia  d’identità, provenienza e sostenibilità delle produzioni merita perciò di venire rafforzata. Riducendo al minimo la distanza tra produttore e consumatore, privilegiando gli acquisti a km 0 se pure mediati da piattaforme web affidabili. Possibilmente anche attraverso certificazioni o altri strumenti come la  blockchain, capaci di ‘notarizzare’ irreversibilmente le sementi coltivate da cui provengano farine e semole impiegate per produrre pasta, biscotti e prodotti da forno.

Dario Dongo  e Paolo Caruso

Note

(1) Cfr. reg. CE 178/02, articolo 18 (in applicazione dall’1.1.05)

(2) Muccilli et al. (2011). ‘High Molecular Weight Glutenin Subunits in Some Durum Wheat Cultivars Investigated by Means of Mass Spectrometric Technique’. J Agric Food Chem. 2011 Nov 23;59(22):12226-37. doi: 10.1021/jf203139s

(3) Angelica Giancaspro et al. (2016). ‘Varietal traceability of bread ‘Pane Nero di Castelvetrano’ by denaturing high pressure liquid chromatography analysis of single nucleotide polymorphisms’. Food Control 59, Jan 2016;809-817.  https://doi.org/10.1016/j.foodcont.2015.07.006

(4) Silvia Silletti et al. (2019) ‘Untargeted DNA-based methods for the authentication of wheat species and related cereals in food products’. Food Chemistry, 2019 Jan 15, 271:410-418.  https://doi.org/10.1016/j.foodchem.2018.07.178

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